ACQUE SORGIVE
- Luigi Perissinotto

- Jun 9, 2024
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9 Giugno 2024
Ci sono itinerari nelle profonde praterie friulane interrotti e solcati da fiumi di pietra come ghiacciai disciolti. Orizzontali calanchi, bianchi scoscesi e paurosamente ampi, dove acque invisibili hanno formato immensi laghi sotterranei.
Ci sono altre strade, nelle pianure più basse, ai bordi delle quali la stessa acqua affiora in piccole pozze tra i salici. Acqua scura, fredda e verde come la campagna di pioppi tremuli in una giornata attraversata da nuvole di pioggia. Nascono nelle radure ruscelli improvvisi, silenziosi e gorgoglianti, rapidi e sonnolenti, sempre cristallini tra ninfee dai fiori gialli e piccole alghe, come lingue, fluttuanti. E piccoli anfibi e serpi, garzette ed aironi cinerini. Talvolta incontrano case di sassi e piccoli borghi sonnolenti, strani viandanti e poche persone di poche parole. Altre volte case di ruote. Mulini abbandonati. Il piccolo mondo pare muto, non un alito di vento e anche le nubi sono inchiodate al cielo. Ogni tanto un clamore di cicale, assordante ed estremo, quasi senza senso nell'immobilità dei luoghi oltre le acque.

Questo mondo inizia dove la montagna incontra la pianura. Dove la croda affonda le radici nei sassi e tra i sassi vene limpide come sinapsi del cervello iniziano a scorrere freneticamente. Con lunghe cadute e profondi e sotterranei balzi, poi quieti improvvise e poi ancora un salto verticale verso l'alto fino a trovare un pertugio verso la luce. Una pozza di cristallo sotto la croda del monte!



Sono le fonti del Gorgazzo sotto il monte Cavallo al confine tra il Veneto ed il Friuli in una linea, non solo immaginaria, di fontane sotterranee e di limpidi atolli ai piedi dei giganti di pietra tra i capelli di una mitologica medusa distesa tra essi e il mare.
La sorgente è cristallo puro, freddo e liquido in gorghi ora leggeri ora profondi sotto un dirupo al limitare del verde. Colpita da un raggio di sole, radente ed improvviso come una lama affiorante dal buio, l'acqua della pozza cambia colore. L'onice verde lascia spazio all'agata verdissima al blu cobalto e all'indaco per poi tornare, solo per un attimo all'onice nero, e finalmente svanire davanti agli occhi, diventare vetro trasparente, purissima luce visibile solo all'anima.

La macchia cangiante raccoglie poi tutti i suoi sentieri di acque sotterranee e diventa torrente breve ed impetuoso e tra salici e ponti e piccoli slarghi tra ville abbandonate si confonde nelle acque di un ancor incerto Livenza.
Il fiume, che sfocia nella piccola Venezia di pescatori all'ombra di un campanile spaziale, nasce anch'esso ai piedi del colosso roccioso, in mille rigagnoli gorgheggianti in una cascatella senza balzi, in un lago verde come gli occhi di un drago insolitamente tranquillo.
Siamo alla Santissima e da questa sorgente accanto al Santuario da cui prende il nome, dove ancora si odono i mormorii del magico gorgo, tra anse e piccoli laghi e stagni e slarghi acquitrinosi, tra siepi e piccoli boschi e strade bianche tra casolari cintati da muri di sasso giungeremo, come viaggiatori d'altri tempi, a Polcenigo.



Il borgo è segnalato tra i più belli d'Italia, è nascosto tra i fianchi di due colline è immerso nel verde ed è scompaginato dalle acque del frenetico Gorgazzo.
Polcenigo è quasi medioevo incantato, è sicuramente borgo veneziano con ville e antiche manifatture alimentate dalle acque correnti, ma è senza dubbio un luogo di estrema serenità e di incantevole bellezza.
Ogni tanto mi fermo in questo paese, ritrovo ritmi antichi, frescure lungo la corrente in poggioli di muschio sopra il fiume, al tavolo sbilenco di un'osteria dove il "tajut" non è semplice vino, ma storia atavica e sincera.



La pianura poco dopo prende il sopravvento. Una bella pianura di ciottoli e superficiali "gravine". E case con corti nascoste e gente di "villana" civiltà. La strada sembra in discesa e quasi si sente l'acqua scorrere veloce sotto i piedi, sotto una campagna di viti e gelsi, siepi selvatiche, pioppi e limpidi fossi quasi ruscelli. Attraversiamo magredi assolati dove l'acqua del Cellina e del Meduna scompare nel sottosuolo attraversando montagne di sassi ("claps" in friulano, come molti monti della Carnia) fino a perdersi in mille falde ed in mille laghi sommersi.




I magredi, per chi non li conosce, fanno paura, un territorio allucinato, aspro e bianco, quasi senza accessi e quasi senza via d'uscita, quasi alieno nel cuore di una regione verde. I magredi sono altresì ricchezza e serbatoio immenso per le acque affioranti nella pianura più bassa dove i sassi incontrano l'argilla. Ecco allora che le Naiadi, le ninfe delle acque della mitologia, fanno la loro comparsa in pozze, sorgenti, polle e fontanili gorgheggianti e contribuiscono alla nascita di corsi d'acqua e fiumi di incredibile bellezza e di sorprendente vivacità.
Lo Stella fra tutti ed il mio Varmo e quello di Ippolito Nievo.









Lo Stella è una cometa di ghiaccio verde che solca la campagna, serpeggiante e veloce. Il suo corso è spesso nascosto in una galleria di ombreggiante frescura, oltre siepi di salici rovi e sambuchi e, quando la vegetazione lo consente, è una visione saettante oltre un varco di fuggevole oscurità.
Ai miei occhi è essere vivente, una vena pulsante e un richiamo per tutti i miei sensi.
Ho percorso molte volte le sue acque, in kayak assieme al mio grande amico Dario. Da Sterpo passando per la bella Ariis fino a Palazzolo, veloci tra piccole e lunghe rapide come onde di risacca, tra alberi tentacolari e ontani come mangrovie tropicali e prati di erba e acqua e stagni lucenti di tronchi e radici subacquee, al limitare di case rurali e ville solitarie ed abbandonate e parchi di tralci piangenti lungo sponde senza argini, in silenzio per non disturbare anatre germani, starne, aironi e cigni litigiosi.
Dario è ora lo Stella, il fiume è lui, amico buono e sincero, compagno d'infanzia e di scuola e di mille passioni mai svanite.



Il Varmo, fiumiciattolo breve e sottovalutato non è da meno. In kayak, dalla risorgiva non lontano dal paese da cui prende o dona il proprio nome, al Tagliamento, dove confonde le proprie acque, è un battito di ciglia, due piccoli salti, una chiusa ed è subito il grande fiume che assorbe nel proprio letto il piccolo Varmo. Ma il negletto può vantare un mirabile, altrettanto breve, affresco narrativo di Ippolito Nievo datato 1856 “Il Varmo Novella Paesana" che ho letto e riletto più volte trovando in esso suggestioni (ahimè arcadiche) di molte mie "insensate" pause seduto lungo le sue sponde alla ricerca di funghi, di osterie vuote ed intonaci azzurri di vite americana.




Ho spesso lasciato i funghi ai raccoglitori esperti, ma ho portato mio padre sotto frondosi pergolati a bere un bicchiere di vino, ho incontrato lo scrittore e ho letto esattamente quello che i miei occhi vedevano: "Nel mezzo di questo territorio da parecchie sorgenti, che forse pigliano vita per sotterranei meati dal vicino Tagliamento, sgorga una vaga riviera la quale chiamano il Varmo, ed è così cara e allegra cosa a vedersi, come silvestre verginetta che non abbia né scienza, né cura della propria leggiadria."

Poi siamo tornati lungo quella riviera per funghi. Ma gli occhi cercavano e vedevano altro.





Grazie Fabio. I miei racconti ed i tuoi commenti sono una sola emozione. Polcenigo meriterebbe altri ricordi ancora.
Bravo Gigi!
Si parla di acqua... la fonte della vita.
Forse, inconcapevolmente, hai fatto un omaggio ad uno dei tuoi più assidui lettori, censore senza pietà.
Io nato al Lido di Venezia sono stato allevato in quel di Polcenigo da una meravigliosa nonna(mamma bis) nata in Germania. Sono cresciuto come Heidi e Peter con mia cugina Sandra, libero e felice. Ho ricordi indimenticabili del territorio di Polcenigo ; odori, colori e sapori ormai parte di me stesso.
L'acqua è un elemento che da sempre si lega alla mia vita. Nel meraviglioso, freddo e pericoloso Gorgazzo mi sono immerso per un esame del brevetto di sub ( fine anni 80 quando ancora si poteva) nella chiesa della Santissima Trinità mi sono…