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ATLANTICO FRANCESE TRA NORMANNI E BRETONI - I PARTE

  • Writer: Luigi Perissinotto
    Luigi Perissinotto
  • Aug 13, 2024
  • 5 min read

Updated: Sep 16, 2024

2-9 agosto 24


13 Agosto 2024

Il tunnel sotto il Monte Bianco è, per chi scrive, un attraversamento di ingannevole realtà e trasognante aspettativa. Quando il cielo francese compone vaganti tessere azzurre tra i monti ed i ghiacciai di Chamonix io viaggio al di là di tutto il visibile, verso coste e dirupi, e spiagge e brughiere e prati e boschi e venti impetuosi e mari spumeggianti.


Sono appena entrato in terra gallica e già inizio a fantasticare.


“L'oceano lassù è freddo e il vento non dà tregua ed un piovasco sottile punge minuti lembi di epidermide scoperta. Noi, pavidi intrusi, siamo protetti da panciuti sacchi di piuma marchiati da piccole ed oscure effigi. Un piccolo coccodrillo, una virgola forse un'ala, tre barre inclinate e altri svenduti simboli su pochi colori sgargianti, su uomini e donne altrettanto appariscenti.

Osservo cellulari frenetici che ignorano l'ululato della tempesta mentre mi trovo naufrago, immerso in un fluido grigio, oscuro e senza speranza, dentro un urlo di volto scarnificato. Tocco l'oceano grigio e freddo, la stessa acqua di mari tropicali, ma non ho voglia di immergermi. Credo di averlo già fatto. Lo sguardo abbandona mille carcasse di navi, cisterne di acciaio cariche di carne affioranti sul mare, ed incontra la terra, le dune e le scogliere...e la Francia. Il vento è una raffica di mitragliatrice. La spiaggia è una selva di grosse croci di ferro corroso, la Francia è finalmente Normandia. E io sono salvo, illeso e ho calde lacrime agli occhi. Anche i miei passi, piano piano, mi portano in salvo, in Normandia.

Alcuni raggi di sole trafiggono il grigio, ed il cielo radente sulla terra è ora diventato soffice di rosa. La terra è il nostro riparo, la Normandia è quasi Francia e la Francia ci accoglie”.

 

Ho appena cominciato il mio viaggio e mi pare di averlo già concluso, frenetico e immaginifico, disordinato e confuso tra indimenticabili film, documentari d’epoca e foto datate 6 giugno 1944.



Rientro nel mondo reale mentre rapidi percorriamo, in discesa, la valle alpina, lasciando Chamonix in alto, lassù vicino alle cime innevate dell'imponente massiccio del Mont Blanc. Arriviamo da Oriente e non siamo salvatori e non siamo eroi. l'Atlantico francese ci sembra lontano, anche oggi mentre il vento della storia ci chiama. Molti di noi, questo grande e tormentato mare non l'ha mai visto e quel vento solo immaginato.

La nostra bianca nave sta percorrendo dolci e sinuose strade che attraversano città e paesi in vaste praterie di libertà, solo con la mia mente ho già calpestato le spiagge insanguinate. Tornerò presto, forse domani, a farlo anche con i miei piedi.

 

Valle di Chamonix

Il viaggio è appena iniziato, la nostra meta odierna è la città di Macon che si avvicina defilata tra basse colline, campi di girasole e distese verdeggianti di erbe basse adatte al pascolo di "piccole" e bianche mucche lontane. Quasi non esiste periferia, non si scorgono capannoni industriali, alti caseggiati o disordinati svincoli stradali. Un leggero pendio diparte dal fiume, l'ampia e placida Saone, verso il centro storico ad incontrare un soffice tramonto senza nuvole.

La cittadina è bella, pochissimo affollata, il fiume è un nastro grigio lucente, privo di estremità, quasi infinito, le vie ed i giardini sono curati e tutto sembra ordinato ed accogliente.

Anche la notte è dolce, l'aria leggera entra dalle imposte appena accostate ed i viaggiatori riposano aspettando le sorprese del loro primo mattino francese, ad iniziare dai “croissant” per terminare con “baguettes et fromages”.

 

I paesi di questa Francia centrale quasi non si scorgono nascosti tra gli avvallamenti del terreno, oltre piccole colline tra campi coltivati e prati assolati. I tetti sono grigi ed i muri esterni di pietra ugualmente grigia, le casupole sono basse e poco appariscenti e solo il campanile spunta isolato tra gli alberi ad indicare una improbabile comunità. Non si scorgono persone e poche sono le auto anche lungo questa superstrada a tre corsie, alcun mezzo agricolo tra i campi, solo mucche e niente stalle. È banalmente agosto o è la Francia?


La nostra nave deve gettare l'ancora. Il comandante deve riposare. Ovviamente il vascello approda in campi deserti dove un solitario e piccolo campanile segnala la presenza umana ed un auspicato, ma non certo, punto di ristoro. Raggiungiamo il campanile e le quindici decorose casette a lui addossate, altro non sembra esserci.


Ymonville
Ymonville

Il borgo si chiama Ymonville ed è un miracolo di sobria e candida semplicità e, almeno credo, di genuina ruralità francese. In mezzo al niente dice Marzia, in mezzo al niente dicono tutti! Ed in verità niente c'è.

Scopriremo invece che qualcosa di bello questo paesello possiede.

La quiete, innanzitutto, all'ombra di alcuni ippocastani a cingere il sagrato della chiesetta. Le viuzze deserte e gli orti ben curati, protetti da antichi muretti in pietra. E “Le Moulin de la Garonne”. E un campo di lavanda.

 

Sono due anziani ad indicarmi la giusta via. Chiedo, in pessimo francese, se c'è un posto dove poter mangiare e l'uomo, che probabilmente non ha compreso, mi risponde radioso "Le Moulin!". Troppo enfatico troppo felice, incongruo per segnalare una semplice trattoria di campagna. Probabilmente non ci siamo capiti, ma non importa.

La moglie, che percepisce le mie perplessità mi invita in casa per rincarare la dose con indicazioni astratte, turbinio di occhi rilucenti e sbracciate in tutte le direzioni. Fingo di capire: il mulino è da quella parte! Per puro caso è la direzione giusta.

I due amabilissimi vecchietti sono strafelici, ancor di più quando vengono a sapere che sono veneziano e che siamo in tanti. Per festeggiare l'avvenimento mi offrono, in un piccolo calice rotondo opaco e quasi satinato dall'usura, un vino rosso acidulo fresco e leggero. Non avrei mai voluto staccarmi da loro. Il Moulin era ad un centinaio di metri dal campanile e il campo di lavanda tutt'intorno. Ovviamente non era un ristorante.



 

Nel pomeriggio siamo a Chartres e una “allure” tipicamente francese si avverte in ogni angolo, nelle piazze e tra i “bistrot”, davanti alla magnifica cattedrale gotica e l'aria, un venticello leggero, è profumata di ineffabili fragranze di fieno di fiori e di “macarons”.

La cattedrale dedicata a "Notre Dame" è visibile da lontano, posta su di un’altura attorniata da palazzi e casupole medioevali, con tetti appuntiti e comignoli svettanti, degradanti su di un lato e sul retro della cattedrale stessa. La visione è quasi fiabesca e la cattedrale è una fiammata di lucente grigio verso il cielo.

Cantucci appartati tra case e antichi palazzi e alcune piccole piazzette alberate e una moltitudine di tavolini rotondi in ferro battuto davanti a locali con vistose insegne verniciate di verde di rosso e di blu mi riportano a Parigi.


Chartres




Notre Dame

A Chartres, la nostra accompagnatrice, “Mademoiselle Rouge” Sandra, e tutti noi facciamo conoscenza con Gilles. Un francese bretone che non disdegna i normanni e che assomiglia a Messner, che parla italiano come Messner e francese (dice lui) con inflessioni olandesi. Gilles mi confonde un tantino, ama l’Italia, e paragona i veneti ai bretoni, ma sono certo farebbe altrettanto con i lombardi, con i toscani e con i siciliani.  In effetti sembra un banale furbacchione italiano, ma è indubbiamente un francese “ad hoc”. Domani, ad incontrare l’Atlantico, sarà con noi.


Sandra
Mademoiselle Rouge

Jil le Breton et Mademoiselle Rouge Sandra

Segue Atlantico francese – II parte

1件のコメント


ゲスト
2024年8月27日

Bravo Luigi...

Anche sta volta mi sei piaciuto molto!

👋 Fabio Bozzy Bozzao

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