BRUGES - REIMS - TROYES - VI^ TAPPA
- Luigi Perissinotto
- Nov 13, 2023
- 7 min read
Updated: Sep 16, 2024
29 settembre - 7 ottobre 23
14 Novembre 2023
Siamo ancora a Bruges, ancora nel bauletto di foglie rosse, nella nostra cameretta "Romantic" stile casa delle bambole e stiamo aspettando le otto e trenta come "ordinato" da Madame Ginette.
Per arrivare a Troyes dobbiamo attraversare mezza Francia, ma per ora stiamo seduti, più o meno tranquilli, sul bordo di un morbido letto dentro un cofanetto di cuoricini rossi in attesa della colazione. Allo scoccare dell'ora "X" scendiamo nel salottino bomboniera, tre gradini sotto la camera tre gradini sopra il tinello altri tre verso la cucina.
Provo a descrivere ciò che non avrei mai pensato di dover descrivere. Non perché difficile, brutto o negletto, ma semplicemente perché indescrivibile. Come posso commentare in modo semplice e capibile uno spazio a tre volumi: un soppalco, un piano rialzato e un poggio imperiale?
Madame ci accompagna in questo ristretto ambiente zeppo di cose appese ai muri, stese sul pavimento e chiuse in vetrinette. Due persone, due tedeschi, uomo e donna, fortunatamente non appesi, sono seduti su pompose poltrone dorate stile rococò sul poggio imperiale con alle spalle tre finestre ad arco, praticamente un grande bovindo, vista giardino. Un tavolino e altre due sedie vuote stanno sul soppalco ed un altro tavolino, con i posti a noi riservati sul piano rialzato, tre gradini sotto il poggio.

E come spiegare, anzi riempire tutto questo paradossale mondo se non descrivendo la nostra colazione? La chiave per capire e rendere comprensibile il contesto è raccontare la colazione che Madame Ginette, alle cinque e trenta del mattino, prepara per i suoi ospiti. Una "parure", un insieme di componenti diversa per ogni singola camera e diversa per ogni singolo giorno. Questo è l'elenco, probabilmente incompleto, di quanto abbiamo trovato, in vivace e scenografico ordine, sul piano del nostro tavolo: alzatina con crostini al salmone e formaggio morbido, melone con prosciutto crudo, spiedini di pomodoro e mozzarelline, un vassoio con salumi misti e un tagliere con formaggi locali ugualmente misti, stagionati erborinati e incartati, il cestino con pane caldo ai cereali, pane bianco e brioches, vuote e con crema, terrina di frutta mista e uva, un vassoio di pasticcini mignon, un vassoio con bicchieri di macedonia, di mousse al cioccolato e al caffè, spremuta d'arancia fresca, una caffettiera in ceramica su minifornello acceso, il bollitore per l'acqua con decine di tisane e the, latte e yogurt, marmellate artigianali miste, miele e crema di nocciole spalmabile, burro e, per finire, in dotazione anche alcuni sacchetti ermetici e relativo contenitore per l'asporto di quanto non siamo riusciti a consumare. Praticamente tutto.
Ovviamente non posso tralasciare il costo del pernottamento: 86 euro per la camera, il drink, la colazione e i cuoricini rossi! Arrivederci Ginette! Grazie.


Un carico di birra, per noi e per gli amici, in un negozio indicato dalla nostra padrona di casa e finalmente, satolli ma non ebbri, liberi viandanti verso la Francia.
Ben presto attraversiamo il confine nei pressi di Roubaix a pochi chilometri da Lille. Poi la Francia si distende placida in un mare d'erba, come sempre verso altre distese di campi agricoli e silvestri per molti chilometri fino a Reims. Dopo Lille il traffico, in autostrada è moderato, senza autotreni e senza svincoli importanti e abbiamo il tempo per osservare la sobria, vasta e ondulata campagna di questa regione del nord della Francia. Siamo nella “Picardie” e non si vedono abitazioni, non si vedono persone, solo alcune mucche e molte pale eoliche. Anche in autostrada siamo succubi della complessità (!?) di questo territorio. In effetti, al di là del finestrino, non c'è una grande diversità paesaggistica ed il territorio sembra integro, poco contaminato e con ampi spazi assolutamente incolti, prativi e scarsamente boschivi.
Anche Reims, come altri centri abitati, si palesa improvvisamente in mezzo alla campagna. Usciamo dall'autostrada e senza difficoltà troviamo un parcheggio a cinquanta metri dalla cattedrale. Traffico quasi inesistente, turisti pochi.

La cattedrale, una delle più importanti di Francia e luogo di incoronazione di tutti i re Francesi, sorge, quasi senza preavviso e senza messinscena, in un contesto tutto sommato umile, in contrasto con la protervia dell'architettura gotica che ci lascia senza parole. La facciata con le due torri laterali e il grande rosone è imponente e massiccia, ma sono i contrafforti laterali e la zona posteriore del coro che mi lasciano incredulo. Immensa, complessa e nello stesso tempo armonica e leggera. L'interno a croce latina con tre navate e la teoria di alti pilastri non lascia nemmeno tempo alla meraviglia e mi priva di ogni sorta di giudizio razionale e mi abbandono alla semplice ignoranza emotiva. In questo momento mi viene in mente e mi aiuta alla comprensione un celebre romanzo: I pilastri della terra, di Ken Follet.



Dobbiamo raggiungere Troyes per l'ora di pranzo e a malincuore lasciamo Reims con la speranza di poter organizzare, prima o poi, un viaggio di conoscenza e di bellezza tra le maggiori cattedrali gotiche della Francia. Anche il tratto di autostrada da Reims a Troyes, nella regione Champagne - Ardenne mi lascia stupito. Ancora campagna e mucche e, nonostante il nome della zona, da cui il celeberrimo vino spumante francese, non si vedono vitigni e non si vedono cantine. Per la verità a Reims abbiamo notato parecchie insegne e rivendite con i marchi più prestigiosi di Champagne, ma nei dintorni della città solo animali al pascolo e bucolica amenità. E grandi cieli francesi.
È piacevole esplorare il cielo, in particolare quando le nubi lo rendono un oceano di atolli sospesi e immobili sopra una campagna altrettanto immota. Come questa, verde e bruna e ocra, come questo cielo, un branco di pecore e scudisciate di viola immerse nel celeste incontaminato. Come una tela evanescente di Claude Monet, il pittore delle ninfee, della luce e, a parer mio, di cieli francesi come questo sopra di noi. Nello stesso tempo vedo anche i lineamenti di una Francia intrigante e sinuosa, fragrante di pane e odorosa di fieno e di latte. Di un territorio poco antropizzato, genuino ed indubbiamente rispettato dai propri abitanti.
Arriviamo, scivolando nella quiete di un ottobre primaverile a Troyes. Inizialmente la scelta di questa città si era resa necessaria solo per fini strategici sulla base delle percorrenze programmate per il rientro in Italia. Abbiamo invece scoperto un ulteriore gioiello di questo Paese.
Una cittadina periferica, decentrata rispetto Parigi di soli 150 chilometri, immersa, tanto per cambiare, in una campagna senza fine, con una via principale fiancheggiata da nobili palazzi e da più modeste case a graticcio. Con alcune incantevoli piazze, cattedrali, chiese e un lungo Senna curatissimo al pari del sagrato delle basiliche.


Ritorniamo ad ammirare i graticci, come a Colmar, ma completamente diversi. A Troyes le case costruite con questa tecnica sono più piccole, più umili quasi cadenti e per questo molto suggestive ed attraenti. In questi edifici si intuisce, anzi si capisce molto bene, la tecnica costruttiva, con architravi e travature in legno e la parte muraria con ciottoli e materiali inerti vari. Molti di questi fabbricati sono in ristrutturazione, senz'altro per finalità turistiche, e da quanto ho potuto capire, gesticolando (considerato il mio francese) con un attempato e infervorato signore, anche per preservare le storiche e tradizionali architetture da un insensato abbattimento e per tutelare gli aspetti antropologici e culturali di questa regione appartata.

Marzia è particolarmente attratta da un singolare vicolo, considerato uno dei più stretti ed angusti della città: "Ruelle des chats". È noto per il modo con cui i gatti riescono ad attraversare il vicolo (ruelle) effettuando un balzo da un tetto all'altro. La mia attenzione è invece catturata dal fiume, dalla Senna che in questa cittadina, prima di giungere a Parigi, è un corso d'acqua verde scuro, con varie ramificazioni, veloce, delimitato lungo le sue sponde da notevoli palazzi, chiese e vari edifici universitari. Con molti ponti da cui dipartono eleganti viali con fontane e ruscelletti gorgheggianti.

A Troyes si respira un'atmosfera particolare intrisa di armonia, di luce obliqua proveniente da raggi sghembi che si insinuano tra le vecchie case. Dal chiacchiericcio soffuso e pigro di tanti indigeni e pochi forestieri. E pochi turisti, forse solo noi due. Ovviamente scopro subito che non siamo i soli, ma sembra davvero che a Troyes anche i visitatori vengono sedotti dal placido e amabile contesto.
Ben presto il sole, prima lievemente inclinato a ponente è, adesso, declinante sotto il margine dei tetti e pronto a svanire oltre il profilo dell'orizzonte. Depositiamo i nostri zaini in un albergo-residence per anziani (come abbiamo scoperto leggendo la brochure alla reception), ma nuovissimo e bellissimo, super confortevole con una stanza bagno spaziosa come un intero appartamento, ovviamente senza bidet, con una grande terrazza vista Senna in un tratto in cui, un braccio di questo fiume, trapassa come una cataratta un vecchio stabilimento in mattoni rossi e ciminiera.
Usciamo quasi subito mentre la dolce sera accende le luci sui viali semideserti di Troyes. Il lungo Senna è illuminato e, vicino a “Le Coeur de Troyes”, un'installazione a forma di grande cuore con un curioso gioco di luci, riusciamo a cogliere le ultime fiammate di un fuggevole e rosseggiante tramonto.



In centro stasera, giovedì 5 ottobre, non c'è nessuno. I ristoranti sono poco affollati e non abbiamo che l'imbarazzo della scelta. Ciò che ci guida è la ricerca della migliore trattoria per una degustazione delle rinomate “escargot a la bourguignonne”. La trattoria in cui entriamo è certamente accattivante tra le viti del pergolato e con mille lucine come stelline, ma forse non la migliore. Non so se il cuoco è impazzito o se ci hanno imbrogliato, ma le nostre escargot sembrano alquanto strane inserite in piccoli incavi in un tagliere di legno. Cerchiamo, con difficoltà, ad estrarre il contenuto dal guscio ma il cameriere esterrefatto ci viene in soccorso per farci capire che bisogna mangiare tutto. Guscio compreso! Adesso siamo noi increduli, se non inorriditi.
Con gesti inconsulti e parole altrettanto a casaccio riusciamo ad intuire che il guscio è edibile, ma non a capire se si tratta di una conchiglia naturale o di un involucro, a forma elicoidale somigliante al guscio di una chiocciola, in fine pasta sfoglia. Nella speranza si tratti di quest'ultima azzardiamo uno schifiltoso boccone. Con grande stupefazione il mollusco gasteropode in siffatta guisa è molto buono, gradevole al palato con la croccantezza lievissima e piacevole della improbabile corazza.

Dopo la cena, insospettabilmente leggera, Marzia viene stregata da una inusuale creperia occultata sotto un portico medievale. Non è possibile non entrare, oltretutto la temperatura esterna è leggermente calata e la luce calda e i profumi intensi delle Galliche crespelle risulta piuttosto invitante e compiacente. Io evito la sottile sfoglia zuccherata, non sono amante dei dolci, e azzardo il famoso, quanto per me insipido, "Pastis" (bevanda gradatamente alcolica profumata all'anice). Marzia con massimo appagamento è alle prese con una suntuosa crêpe con cioccolato, arancia e panna montata.
Terminiamo con una passeggiata notturna avvolti da un'atmosfera particolare, nascosti nell'immancabile silenzio, soccorsi da un sentiero di luci, nel soffuso riflesso, di vecchie case illuminate da caritatevoli luci, nelle acque della Senna. A domani, per l'ultima frazione di questo viaggio nel cuore dell'Europa.


Sempre piacevole leggerti...
Ciao
Fabio B
Bello 👍