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CARBURO

  • Writer: Luigi Perissinotto
    Luigi Perissinotto
  • Mar 25, 2024
  • 6 min read

Updated: Mar 26, 2024

25 Marzo 2024

Premessa: quello che segue è il racconto di un gioco, violento forse come era violenta, talvolta, la nostra infanzia in strada. Assicuro però che questo "gioco" non ha arrecato alcun danno a persone e pochi ed irrisori alle cose. E soprattutto non ha avuto emuli.


Carburo di calcio. Ovvero cloruro di calcio, il sale di calcio dell'acido cloridrico; la sua formula chimica è CaCl2.

Per i non addetti al lavoro quasi un rebus. Per la maggioranza delle persone un insignificante arzigogolo di lettere e un numerello buttato lì in fondo, in calce, quasi per caso. Per noi ignorantelli di via Argine una pregiata pietra biancastra dalle mirabolanti ed esplosive proprietà. Un pezzo di roccia bruttino e maleodorante di cui conoscevamo le "miniere" e gli anfratti dove "cavarlo". Preciso, sperando di non tediare con spiegazioni tecniche, che il carburo non è propriamente una roccia o un minerale presente in natura bensì il risultato di una reazione chimica tra l'ossido di calcio e il carbone. Carburo per semplificare.

 

Comunque, il nostro carburo era anche una parola proibita, da evocare sottovoce e solo tra di noi della banda. Il carburo era il nostro marchio di fabbrica e noi ne andavamo fieri. Il carburo era anche e soprattutto un gesto provocatorio nei confronti delle bande avversarie. Il carburo era, dopo tutto e per tutti, semplicemente pauroso.

 

Le nostre miniere venivano individuate e quindi depredate un paio di volte all'anno: in piena estate e nei giorni precedenti al "Pan e Vin" (di cui magari parlerò in uno dei prossimi episodi). Le "cave" della pietra bianca erano situate vicino casa. Talvolta lungo la nostra stessa via. Ma le più generose erano all'interno dei nuovi fabbricati in costruzione lungo la via principale del paese. Si celavano tra pareti di mattoni perforati da un tarlo gigantesco in grado di sbrecciarne le lisce superfici per farne un labirinto per lunghi tubi di ferro. Negli angoli remoti di case senza porte, accanto ad arnesi pesanti tra tubature ammassate e inquietanti bomboloni di acciaio.

Il carburo era la materia prima degli idraulici! Da esso, mediante una reazione chimica con l'acqua, si sviluppa l'acetilene gassoso, infiammabile ed esplosivo. Quindi potenzialmente pericoloso.

Veniva utilizzato per le lampade dei minatori per la luce intensa che da esso scaturiva, per la pesca di frodo e per le saldature metalliche. E per le nostre scriteriate "bombe" di rumore!

 

Anche in questo caso, come per tutte le nostre lecite ed illecite attività (fionde, balestre, giochi innocenti e indicibili truffe) bisognava seguire un rigido protocollo per ottenere un esito soddisfacente.

La "bomba" era il risultato di una ferrea organizzazione e di una altrettanta dura disciplina. Trafugare la pietra era un compito assai delicato. Si trattava di entrare nottetempo in un cantiere edile senza utilizzare fonti di luce, con il rischio di inciampare in ogni cosa, sbattere contro pareti e, talvolta, non trovare l'agognato amalgama biancastro.

Anche quando la sortita aveva successo non sempre il carburo era adatto alla bisogna. Spesso si trattava di una pietra esausta o già in parte utilizzata.

Per quanto concerne i barattoli di olio Topazio, il bussolotto indispensabile per l'assemblaggio del nostro botto, ho già parlato in "VIM" del 25 gennaio scorso, aggiungo solo che queste lattine azzurre, recuperate nella discarica lungo il fiume, erano assai rare e fonte di litigio con altri cercatori di materiali ferrosi da vendere al rigattiere.

Serviva poi un pugno di paglia o erba secca, una lunga canna palustre o di bambù, un po' di acqua e una bottiglia di plastica vuota di varechina. Un posto isolato, meglio se sopraelevato e di repentino abbandono. Due soldatini e un "tappabuchi".


Banda in assetto bellicoso

Per le prove di detonazione venivano utilizzate, in primis, le lattine da litro. Erano i botti più "economici" e facili, ma non certo silenziosi.

Il procedimento: dalla lattina veniva tolto il fondo e praticato un piccolo foro sul coperchio, quindi un piccolo pezzo di carburo, poco più grande di una biglia di vetro, veniva adagiato sul terreno tra la paglia o l'erba secca. Il tubo cilindrico di lamiera azzurro, senza fondo, andava infine a coprire, come una calotta impermeabile, il nido di combustione, non prima di aver versato due dita di acqua sulla piccola pietra. Il tappabuchi ("stropabusi") poneva infine un dito sul forellino del coperchio mentre i due coscritti sostavano entrambi a lato della postazione di fuoco. Il primo con la lunga canna, l'altro con la bottiglia di varechina e un fuocherello accanto.

Il sito ideale per questa piccola pattuglia di fuochisti era l’argine davanti al porto fluviale a poche centinaia di metri dal "Tunnel". Si trattava di una postazione strategica e sicura. Consentiva ai soldatini una adeguata protezione oltre il ciglio del terrapieno e una facile via di fuga in caso di imprevisti e attacchi esterni… da parte di mamme, parenti, operai, vigili e forze dell'ordine.

Quando il bussolotto iniziava a scaldarsi per via della compressione esercitata dal gas (acetilene) all'interno del contenitore il tappabuchi dava un preallarme, la bottiglia di varechina veniva sciolta nel fuoco e avviluppata alla canna per formare una lunga torcia a guisa di oblungo stoppino.

 

Alla quasi incandescenza della lattina, quando al tatto la lamiera è rovente, arriva il momento topico e l'eccitazione è alle stelle. Il trio è perfettamente sincronizzato. Il turabuchi si lancia a gambe levate oltre il ciglio, dalla parte opposta rispetto ai due addetti all'accensione. L'estremità infuocata della lunga torcia viene accostata al buco... e una tremenda detonazione fa volare l'azzurro topazio oltre l'azzurro del cielo, un boato spaventoso fa tremare i vetri alle finestre di via Argine, spacca i timpani e urlare le donne del borgo. Poi sembra calare un silenzio strano mentre la gente cerca di capire, mentre una specie di venticello tiepido ci suggerisce di scappare il più lontano possibile.



Un botto da litro al giorno è più che sufficiente. Passati alcuni giorni è tempo di alzare il calibro. Da 1 a 5. Medesima procedura, ma il rapporto di detonazione tra un contenitore da un litro ed uno da cinque litri è esponenziale ed i risultati sono devastanti. Molti vetri vengono infranti, molte mamme e alcuni padri non urlano e non strepitano, ma corrono a pugni levati verso di noi in fuga oltre l'argine.

Nessuno mai è riuscito a beccarci, solo una volta ho dovuto "recuperare" mio padre sequestrato dai carabinieri in “cauzione”. Qualcuno aveva fatto una soffiata, ai botti eravamo in tanti, ma in caserma c'era solo il mio buon papà. Sì, mi ha rimproverato ma nello stesso tempo mi ha dato alcuni buoni consigli per evitare una eventuale futura delazione.


"Soldatini"... assieme a mio fratello

Devo anche aggiungere, “ma non lo fate a casa”, che c’erano delle piccole variazioni al “semplice” botto. Due in particolare. La prima era una versione per così dire "etica" e contemplava il riempimento del barattolo con letame in modo tale da spargere il "composto" all'interno di un'area molto ampia tale da colpire gli avversari (ma probabilmente anche noi stessi). La seconda, simile alla precedente, ma con una piccola e importante variazione e dal nomignolo pittoresco e sbeffeggiante: “la smerdata”. In questa versione "oscena", il proiettile, al posto del letame doveva essere semplicemente imbottito di un diverso materiale organico similare al precedente.

 


Queste esercitazioni sono continuate per alcuni anni fino all'ultima fatale escalation, quando ormai ero vecchio e frequentavo la prima o la seconda media. In quell'anno avevamo deciso di "Fare la Storia".

L'entusiasmo era alle stelle. I nostri botti da 5, nei giorni antecedenti al "Pan e Vin”, erano stati perfetti, grandiosi, terrificanti, ma con limitate conseguenze. Alcuni vetri rotti e pochi rimproveri. Era necessario alzare il tiro per aumentare il nostro prestigio ed intimorire i "Kamemoti", quelli di Fossalta e anche quelli dell'Oratorio.

 

In cantiere avevamo già individuato i nuovi "barattoli". Eufemismo per indicare barili o bidoni o fusti da 200 litri. "Roba da pazzi", concetto che, all'epoca, nemmeno ci frullava per il "cervelletto". Eufemismo per indicare il vuoto che in esso regnava!

Anche in questo caso i preparativi per il superbotto furono accurati e supervisionati dal capo banda. Il giorno: domenica. Il luogo: la grava tra i cumuli di sabbia e di pietrisco del porto fluviale. Il carburo: un macigno di un paio di chili. Un secchio d’acqua per la reazione chimica e la canna in bambù raddoppiata in lunghezza e rinforzata all'estremità. Gli addetti all'innesco quattro anziché due, il tappabuchi il soldato più alto di statura, in grado di salire con un sol balzo sul coperchio del barile. Vale a dire il sottoscritto!


Innesco bidone da 200 litri

Non è possibile l'esenzione dall'incarico tanto meno la deplorevole diserzione. Mi siedo dunque controvoglia sul coperchio del fusto cercando di otturare nel modo migliore, con il fondoschiena, il grosso buco sommitale. Dopo quattro ore, sono stanchissimo e il bidone è appena tiepido. Chiedo il cambio ma nessuno è in grado di salire sul barile senza smuoverlo. Tengo duro e all'imbrunire credo di avvertire una temperatura ottimale. La pattuglia è pronta e il cuore batte all'impazzata. Sono pronto anch'io a scappare dietro le piramidi di sabbia. Al mio tre "scatenate l'inferno"... devo aver pensato o detto qualcosa di simile, come un antesignano Massimo Decimo Meridio. Salto dal bidone senza pensare a mio padre e ai Carabinieri. Non ho sentito alcun boato, nemmeno il venticello tiepido, solo un tonfo ottuso.

Con il tallone, mentre cercavo la massima aderenza per scappare veloce e lontano, ho rovesciato il grande barattolo, disperso l'acetilene, fallita la mia "mission impossible". E fortunatamente non ho "Fatto la Storia".

 

(segue Ribelli)

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5 Comments


Fabio Bozzao
Fabio Bozzao
Mar 26, 2024

Ciao Gigi,

Da Chimico che sono non posso che emozionarmi delle vostre "dangerous" imprese!

Credimi che avete molto rischiato...di diventate ipovedenti!!

Belle storie ...

Continua cosi!

Ciaooo

Fabio Bozzy Bozzao


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Fabio Bozzao
Fabio Bozzao
Mar 26, 2024
Replying to

Ho studiato Chimica Industriale...anche se sono un professore di storia mancato 😏

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Guest
Mar 25, 2024

Caro Gigi da "pacifista" in fasce...ho faticato assai a comprendere le reazioni chimiche!!!😂 Ho letto con un po' di inquietudine, proprio ieri sera ho seguito con interesse storico ed altro... la ricostruzione e rievocazione dell'attentato partigiano di via Ravellli a Roma il 22 marzo 1943 seguito dalla rappresaglia alle Fosse Ardeatine....ma non era un gioco!!!


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Luigi Perissinotto
Luigi Perissinotto
Mar 25, 2024
Replying to

Ciao (?) non so chi sei ma cerco di capirti. Ho cancellato lo schema dal post per evitare accostamenti con via Rasella ... anche se molto azzardati in questo caso. Ti assicuro che io, come te, sono un pacifista e quasi intransigente, per intenderci a militare ho rifiutato di fare le prove di tiro con il fucile e sono finito in guardiola... ma è anche vero che a undici anni non ero pacifista ma un bambino che giocava. Grazie. Gigi

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