top of page

COLMAR FRANCIA - LEIDEN PAESI BASSI - II^ TAPPA

  • Writer: Luigi Perissinotto
    Luigi Perissinotto
  • Oct 17, 2023
  • 7 min read

Updated: Sep 16, 2024

29 settembre - 7 ottobre 23


17 Ottobre 2023

Abbiamo deciso di alzarci presto, di lavarci i denti e non la faccia, di svolgere altre funzioni solo se estremamente necessario, di non fare colazione in albergo, di posizionare l'auto in modo strategico con il muso già rivolto verso l'Olanda e ... di goderci l'alba.


La strategia si è ben presto dimostrata "quasi "vincente. Oggi, 1 Ottobre, il viaggio da Colmar a Leiden passando per il Lussemburgo è lungo e impegnativo e alle sei e trenta, con il sole ancora oltre Levante, siamo in auto e dieci minuti dopo, da veri scellerati, abbiamo già deciso di fare la prima deviazione. Non una scorciatoia, ma l'esatto opposto! La strategia era vincente ma la gestiamo in modo incongruo. Quando il sole inizia a farsi vedere ed i raggi bianchi e saettanti incendiano le foglie autunnali dei faggi e delle querce e spaccano in due i filari di viti creando chiaroscuri proibitivi, decidiamo di godercela alla grande ed essere parte integrante di un'alba Alsaziana.

Anziché dirigere la nostra "voiture” verso Nancy da una parte, o verso Strasburgo dall'altra, (le direzioni sebbene opposte sono razionali ed entrambi dirette verso il Lussemburgo) prendiamo una stradina in mezzo ai vitigni e verso un altro fantastico borgo a colori. Verso una direzione intermedia che sulla carta sembra quasi più corta delle due "ufficiali", ma che in realtà si svelerà affatto agevole.


Il paesino si manifesta improvvisamente oltre un lieve dosso in posizione leggermente elevata rispetto alla vasta piana creata dal fiume Reno e, a quest'ora del mattino, dolce, leggermente irregolare, maestosa e fiabesca avvolta nella bruma. È Riquewhir, non è lontano da Colmar, non è grande, a quest'ora è ancora dormiente e siamo gli unici visitatori ed è, lo dice una discreta insegna accanto all'arco d'ingresso, "Un des plus beaux villages de France". Lo è e non solo della Francia. Lo vorrei in Italia!


Quasi solo una strada, esclusivamente pedonale, sulla quale si affacciano negozietti di artigiani e rivendite tipiche di un paese senz’altro vivo: il panificio (boulangerie), la macelleria (boucherie), la drogheria (epicerie) e ovviamente, in una terra di vini, il vignaiolo (vigneron) e una piazzetta, una fontana e una Torre. Questi tre elementi insieme, ed in particolare la fontana, sono stati il set del film "La bella e la bestia". Anche la torre è indubbiamente interessante e singolare. Verso il borgo è una torre "gentile" a graticcio intonacata, infiorata e dipinta mentre, verso la campagna e i boschi, è una classica torre medievale difensiva, con feritoie, in pietra cruda e massiccia.


La nostra visita continua ad essere eccezionale ed esclusiva. Per il borgo si incontrano solo i pochi abitanti del luogo intenti nelle faccende quotidiane. Dar acqua ai fiori, stendere i panni o fare due passi con il cane. Incrociamo alcuni studenti assonnati e un lento e ciondolante andirivieni di persone con cestini in vimini e le classiche baguettes, calde e profumate, dorate e affioranti oltre il bordo del canestro.

La Boulangerie è in una casetta giallina a due piani e sottotetto, semplice e vezzosa, un po' appartata con un antico pozzo antistante, per fare il pane è aperta da chissà che ora e ci sono alcune persone che parlano sottovoce, tutti hanno piccole ceste per la spesa. Sembra di essere dentro un film. A me viene in mente, oltre a "La bella la bestia" qualcosa tra la "Principessa Sissi" e, sebbene ambientato a Parigi, il "Favoloso mondo di Amelie".

Il panificio è attraente anche per noi e non solo per la tipica struttura esteriore. Entriamo assieme ad alcune signore stravaganti e lentissime e desideriamo acquistare quello che loro acquistano. Io vorrei una baguette da tenere sotto l'ascella per almeno cinque minuti, Marzia i "macarons". Vince Marzia, ma devo anche dire che quei dolcetti valgono una fortuna. Io ne prendo uno rosa e mi sento subito in colpa.


Aspettiamo l'apertura dei negozi per acquistare un manufatto o un prodotto tipico e mi accorgo che artigiani, botteghe ed altre attività hanno tutti una insegna di foggia antiquata, in ferro battuto, con i simboli dei relativi mestieri o della varia mercanzia in vendita.


Anche a Riquewhir è in corso la vendemmia ed entriamo in una vecchia cantina con uno smisurato, antico e ancor funzionante torchio in legno al centro del tenebroso seminterrato. I quattro vignaioli sono alle prese con il travaso in botti e, nonostante l'ingresso sia libero e raccomandato, non ci degnano di uno sguardo. Provo a salutare nel mio perfetto francese "Bonjour tout le monde" e i quattro mi guardano come si guarda un alieno o un ladro. Mi viene voglia di scappare, ma anche in questo caso, come mi è capitato a Eguisheim (ved. I^ tappa) mi ritrovo, non con una, ma con quattro bottiglie di vino di cui non ricordo di aver fatto formale e precisa richiesta. In questo caso il prezzo è conveniente e, senza scontrino, lascio ad uno di questi ruvidi campagnoli, meno di venti euro.


Iniziano ad arrivare i turisti e, per noi, è il segnale per tornare verso il portale d'ingresso dove abbiamo lasciato l'auto. Un negozio di "un po' di tutto', accanto alla suggestiva arcata, con l'insegna di "un po' di tutto" (!?) è aperto. Entriamo e ci guardiamo attorno senza idea di cosa acquistare. Una donna è indaffarata a spazzare il pavimento e, in un italiano misto dialetto, mi rivolgo a Marzia dicendo "Sta' femena è appena arrivata e non ha tempo per noi, lasciamola star". La donna, alle mie parole, smette di lavorare e di sbuffare e ci saluta con un perfetto "Buongiorno, siete italiani?". La signora è di Salerno e abita in Alsazia da oltre venti anni. Fortunatamente le mie osservazioni, in simil-italiano, sono state garbate e non ho sparlato a vanvera come spesso mi capita. Tiro un sospiro di sollievo, per una volta mi sono comportato civilmente. È innamorata di questa terra e ci consiglia, con grande enfasi, di fare una "traversata" della valle del Reno, tra i suoi vigneti e i suoi villaggi piccoli, semplici ed incontaminati e, se abbiamo del tempo, una crociera lungo il fiume. Quasi quasi chiamo Flavio per avvisarlo che il programma è cambiato.


Lasciamo a malincuore Riquewhir. Controllo la mappa e mi sembra di essere sulla strada giusta per arrivare in Lussemburgo. Mancano solo trecento chilometri, mi sembrano dritti e pianeggianti. Ne mancano ulteriori quattrocento a Leiden in Olanda. Mi sembrano pochi. Sono esaltato dall'ora mattutina, dalla piacevolezza della visita privilegiata e dalla mancanza della colazione. La faremo alla prima locanda lungo la strada, ma lo dichiaro subito: non troveremo locande, bar, autogrill e similari fino a Esch-sur-Alzette!


Dopo Riquewhir e per circa quaranta chilometri e per circa due ore ci sono solo curve, colline, qualche tornante, due moto lente come un vecchio camper condotto da un vecchio pensionato (lode a tutti i pensionati), boschi, alcuni scoiattoli, forse un orso, ma invisibile e una casetta abbandonata sul crinale dove termina la salita ed inizia una discesa che sembra una salita. Alla fine di questa lentissima, interminabile discesa (in saliscendi) cerchiamo un bar e troviamo una strana galleria. È il "Tunnel des Vosges". Si paga per uscire e bisogna citofonare per far alzare la sbarra. Magari è semplice per un francese o alsaziano che sia, mentre, per un italiano o veneto che sia è un delirio di parole a caso con un citofono gracchiante. La sbarra ad un certo punto si alza mentre dietro di noi alcune auto, bloccate da dieci minuti, sembrano in piacevole e distensiva sosta. Le persone a bordo non si sono incavolate, non sono scese, non hanno inveito e probabilmente si sono anche divertite. In Italia non oso pensare a quale spettacolo avremmo assistito.


Dopo alcune rotonde, alcune strade di campagna e molta, molta campagna, alcuni tratti di autostrada (senza pedaggio) e vari rallentamenti per lavori in corso senza lavoratori, attraversiamo la tranquilla periferia di Nancy e di Metz e il confine con il Lussemburgo. In Lussemburgo il traffico è un po' più caotico, ma facilmente e finalmente arriviamo a Esch-sur-Alzette, al campo universitario dove ci aspetta Flavio. Sono le ore tredici e non siamo affatto stanchi. Grandi abbracci con Flavio che, dopo aver caricato un paio di borsoni e altre cose indefinite, con grande munificenza ci invita a pranzo in un ristorante a dieci metri dal suo appartamento.

Per inciso Flavio sta svolgendo un periodo di dottorato in matematica (terzo anno) tra Lussemburgo e Leiden in Olanda. Affrontiamo ora gli ultimi quattrocento chilometri. Abbiamo molte cose da dirci, in particolare madre e figlio.


La strada è lunga e mi pare anche noiosa, ma con Flavio, un po' di musica e una breve pausa caffè, vedo passare Bruxelles e Anversa, in Belgio, e all'improvviso anche Rotterdam nei Paesi Bassi. Mi sveglio dal torpore del guidatore (una nuova patologia speriamo non dannosa per l'incolumità di chicchessia) e pongo a Flavio una domanda fatidica, anzi una considerazione tanto istintiva quanto ridicola: "Siamo in Olanda? ma ci sono anche gli alberi? e i prati sono verdi, non ci sono stagni, laghi o pozzanghere?". Flavio non si degna di rispondere e Marzia, che mi conosce, riesce a sorridere. Nel mio immaginario l'Olanda doveva essere una terra piatta e bagnata, acquitrinosa ovunque, senza alberi e con un suolo spoglio, al massimo ricoperto dalle serre e non dall'erba verde smeraldo. Lascio perdere per non essere cacciato e abbandonato in mezzo alle mucche ed ai verdi campi olandesi.


Arriviamo a Leiden in una via dal nome impronunciabile ed inscrivibile. Sono le 18,30 ed è quasi notte fonda. Ci aspetta un'amica di Flavio che lo ospiterà per i prossimi sei mesi. Noi andiamo a depositare le nostre cose in albergo e alle venti e trenta siamo tutti in centro a Leiden in mezzo ad una folla inverosimile, esuberante, chiassosa affatto nordica. Siamo dentro fino al collo alla Leiden fest! Una baldoria che nemmeno a San Pietro a Patierno (a Napoli dove ho lavorato) ho mai visto. Birra a volontà, musica a volume altissimo e, paradossalmente, attrazioni da sagra paesana che in Italia non si vedono quasi più: tiro ai barattoli, freccette, fucile ad aria compressa, prova di forza del martello e altre installazioni piuttosto antiquate.

Troviamo un tavolo libero in un ristorante con specialità locali. Flavio ci avverte che in questa città e nei Paesi Bassi in generale, le specialità non sono affatto tali e al massimo mangeremo discretamente piuttosto che male. Prendiamo il "pannenkoeken", un piatto tradizionale che, a prima vista, assomiglia alla nostra pizza, tranne per l'impasto, il condimento, la cottura la consistenza e il sapore. Praticamente una piadina sottilissima con del simil pesto senza sapore e una salsa di formaggio ugualmente senza sapore. Commestibile ma niente di più.

In ogni caso è sempre interessante ed educativo, per me essenziale, integrare ed arricchire gli aspetti culturali storici e paesaggistici con gli usi e costumi del luogo visitato e il cibo è un ottimo modo per farlo.


Durante il tragitto per ritornare al parcheggio (costosissimo) notiamo alcuni depositi per le biciclette. Sono immensi, stracolmi e a prima vista intricatissimi, con alcuni piani sotterranei e altri in superficie dove, in un disordine razionale, stazionano le bici personali e a noleggio di questo popolo chiaramente amante, non solo a parole, delle due ruote.

Inizia a farsi sentire un po' di stanchezza. Avremo modo di parlare di biciclette nelle mie prossime storie, le ulteriori tappe di questo viaggio nel cuore dell’Europa.

Campagna Alsaziana


Riquewhir - porta d'ingresso








Riquewhir - boulangerie


Riquewhir - torre medievale

Riquewhir - il corso principale

Riquewhir - oltre le mura

Esch-sur-Alzette - campo universitario

Leiden - deposito di biciclette

Leiden


3 Comments


marta marion
marta marion
Jan 19, 2024

🥰

Like

Guest
Oct 30, 2023

Bravo!

Like

Guest
Oct 28, 2023

Sembra di essere li...

Ciao

Fabio Bozzao

Like

©2023 by Viaggi Senza Parole. Proudly created with Wix.com

bottom of page