ELOGIO ALLA CARNIA
- Luigi Perissinotto
- Nov 29, 2023
- 6 min read
Updated: Sep 16, 2024
15-16 novembre 21
29 Novembre 2023
Valter (con la “vi” come vivi) si materializza fronte casa, alle 18 di mercoledì 15 novembre, a bordo del suo fai-da-te-camper di recente allestimento e di altrettanto recente rodaggio. Abbiamo una notte da trascorrere sotto le stelle della Carnia.
Evitiamo, come siamo abituati a fare noi che amiamo le curve, la comoda e veloce autostrada ed arriviamo a Treppo Carnico, nel parcheggio della trattoria Alle Falene, alle "quasi" nove di sera. Il gestore ci stava aspettando ed appena entrati ci informa, amabilmente, che la trattoria è tutta per noi e senza di noi non avrebbe nemmeno aperto. Non sappiamo se esserne lusingati o preoccupati.
Comunque siamo soli, accanto alla stube, in un ambiente piacevole, caldo ed accogliente. Anche il signore, di cui non abbiamo chiesto il nome, è simpatico e stranamente loquace. In Carnia non è facile trovare un indigeno disposto a "ciacolare". E parliamo di camosci cervi caprioli orsi, lupi e lupi ibridi. E di cibo anche.
Il simpatico homo "carnicum" è un cacciatore di cervi, ma è un cacciatore consapevole, sembra bravo ed è autorizzato. Alla fine, lo perdoniamo e ordiniamo le tagliatelle al ragù di cervo.
Dopo la piacevole cena non c'è tempo per altri convenevoli e salutiamo il nostro premuroso ed arguto oste; la sveglia domattina è alle sei e trenta per noi e alle cinque per il cacciatore.
La notte sul tavolato del furgoncino, trasformato a camper da Francesco, figlio di Valter, è tranquilla sebbene un po' freddina sotto un cielo di enormi stelle mai viste.
Al mattino ci rendiamo conto del vero freddo. Siamo sottozero e in pochi minuti, con l'acqua di una tanica riusciamo a lavarci la faccia e fare un caffè, quindi ad indossare gli indumenti più pesanti (nel mio caso un paio di felpe e la giacca a vento) e raggiungere l'attacco del nostro sentiero.


Il cielo è terso ed il sole illumina solo le vette più alte, oltre il margine dei boschi, grigie e lucenti spruzzate di bianco. Il percorso è segnalato, ma segnalato molto male. Due "viandanti", un uomo e una donna, quest'ultima con la classica gerla dei montanari, ci vengono in provvido soccorso indicandoci la giusta direzione che, ovviamente, era priva di qualsivoglia indizio o tracciatura. Inutile cercare un cartello con il nome del nostro percorso: “Il bosco bandito di Cleulis” sperduto tra i monti e le foreste dell'Alta Valle del But. Oltre al bosco sembra sia bandito anche il nome.
Il sentiero inizia presso la Torre Moscarda dopo Paluzza in direzione Timau verso l'Austria, verso una barriera di granito che sembra invalicabile. Lieti delle indicazioni ricevute ci muoviamo affardellati e spensierati.
Appena entrati nel bosco ci rendiamo conto della assoluta bellezza e singolarità di questo percorso. Si tratta di un sentiero, anzi di una antica via romana, lastricata e protetta da un terrapieno, che dalla pianura friulana raggiunge il passo (Monte Croce Carnico) e quindi l'Austria.


La stagione è senz'altro la più indicata per godere dei colori dell'autunno e la giornata odierna contiene tutti gli elementi per enfatizzare queste suggestioni. Il cielo è limpido, azzurro ed in lontananza si scorgono le vette più alte imbiancate dalla prima neve. Più lontano, quasi alla fine dei monti, il cielo sembra velato e forse carico di nubi, ma non ne siamo certi e anche se fosse, poco importa.
Il primo tratto è agevole, anche per me che, in salita, a causa delle mie ginocchia malandate sono spesso in difficoltà. Incontriamo una prima radura, una casetta in pietra ed una signora intenta a procurare legname per l'imminente inverno. Un breve saluto e proseguiamo. Ma non andiamo lontano! Ho dimenticato i miei farmaci ed inizio a perdere colpi. Valter, in formissima e buon camminatore, si propone senza indugi di ritornare a valle per recuperarli e garantire la mia sopravvivenza o per lo meno la mia compagnia odierna. Mi viene in mente un passaggio del Vangelo "Non affannatevi, dunque, per il domani, ad ogni giorno basta il proprio affanno". Decido quindi, almeno per oggi, di resistere e "concedo" a Valter questo fuori programma. Domani si vedrà.



Valter impiega una decina di minuti ed io ne approfitto per guardami meglio attorno. Sono seduto su di una pietra accanto ad un ruscelletto con relativa gorgogliante cascatella, ma sono gli alberi l'elemento principale del mio incanto, incendiati dalla luce del sole obliqua e radente, bassa tra esili fusti di nocciolo e piccole farnie o roverelle. Non passa nessuno e intravedo Valter salire velocemente, quasi ad ampie falcate, nonostante il marcato pendio.
Le medicine fanno effetto, ma le mie gambe sono molli e senza vigore. Devo fermarmi spesso e mi sento un po' a disagio, costretto a rallentare Valter indomito arrampicatore alpino. Le mie brevi soste sono comunque preziose per godere sia degli ampi panorami sia degli angusti recessi boschivi. Riesco a identificare gli alberi che fiancheggiano il tratturo, i copiosi noccioli e i frassini, gli ontani, noci, aceri ed ornielli in una splendida mescolanza di tinte e sfumature autunnali. Attraversiamo numerosi torrentelli, alcuni persino impetuosi, altri, come un sottile nastro argenteo persi e confusi tra erti declivi e tappeti di foglie. E poi funghi ai margini di un podere prativo separato da un gregge di capre governate da un pastore invisibile.






L'antica strada in ciottoli, complessivamente ben conservata ed in alcuni tratti fiancheggiata da un muretto a secco, si inerpica ancora senza strappi, attraversa ancora dolci radure con vecchie case in pietra restaurate e no, alcune sgargianti edicole e capitelli con effigi sacre per giungere infine, quando anche i larici fanno la loro comparsa, ad incrociare una stretta via asfaltata in forte pendenza verso Cleulis.
I larici sono alberi notevoli, sono lance e punte di prezioso metallo sfavillante al sole, proveniente da un oriente occipitale alto alle nostre spalle nel cielo mattutino, mentre la nuvolaglia, prima lontana, ora è prossima ad oscurarlo. La luce arrogante del mattino piano piano diventa un soffuso grigiore che trasforma il paesaggio in magia. Questo mutamento amplifica le nostre sensazioni ed aumenta la nostra meraviglia avvicinandoci ad una estasi quasi spirituale.


Entriamo quindi, con queste emozioni, nel bosco bandito di Cleulis. Un bosco incredibile, un bosco di faggi secolari per secoli bandito alle tagliole dell'uomo. Un bosco incontaminato, di alti e chiari fusti con alla base una pennellata di verde muschio come calzini ai piedi di nude e lunghe gambe. Un bosco in salita, difficile per me, una scoscesa palizzata di campanili vegetali senza tracce umane e senza segnali ad aiutare il nostro cammino. È un bosco fitto ma non buio, proibito al taglio e lasciato libero alla crescita naturale dal diciassettesimo secolo in poi e che ha protetto dalle valanghe e dalle frane il piccolo borgo di Cleulis e continua a farlo tuttora, maestoso e misterioso tra le ancestrali vallate Carniche.


Le nubi ora avvolgono le vette più alte ed immagino bufere di neve, sibili di vento e scorribande di lupi. Come un quadro di William Turner, ma probabilmente non oggi perché il fondovalle è ancora illuminato dal riverbero di un sole pomeridiano e la temperatura è quasi gradevole.
Ritorniamo verso Torre Moscarda, punto di partenza, seguendo un agevole e ampio sentiero lungo il Rio Moscardo. Alla nostra destra, a mezza costa, il campanile di Cleulis compare isolato, quasi commovente, appena oltre il profilo della faggeta e sembra quasi un sogno mistico necessariamente abbandonato dall'uomo.




Siamo immersi nell'incanto atavico ed essenziale di questo territorio dove gli uomini non si vedono, dove la pietra è pietra, aspra, scarna fredda e tagliente, dove la bellezza è una scoperta ad occhi chiusi, dove il calore è un pugno improvviso nel petto, dove anche la spietatezza ha un significato particolare. Dove i turisti non trovano attrazione alla loro superficialità dove anche la mancanza di un sentiero segnalato ha la propria dignità.
E questo è il mio "incontabile" elogio alla Carnia, una terra che sa scegliere i propri "stralunati" e singolari viandanti.
Giunti alla base della Torre Moscarda scopriamo una ulteriore ed inaspettata attrattiva. Incuriositi da solidi e compatti muraglioni, profondi fossati e strani speroni conficcati nel suolo ci guardiamo attorno e notiamo, in prossimità del parcheggio, alcune tavole informative. Si tratta dello "Sbarramento di Torre Moscarda", un insieme di opere edificate, dove già esistevano trincee e dedali di corridoi e caverne sotterranee risalenti al periodo della Grande Guerra, durante il ventennio fascista per proteggere la pianura da un eventuale aggressione proveniente dalla zona del Passo di Monte Croce Carnico. È un tratto orientale del Vallo Littorio rinominato, in modo ironico dalle popolazioni del luogo, "Linea non mi fido".
La Torre stessa, in epoche remote, aveva la medesima funzione essendo ubicata in un punto strategico, lungo la Valle del But, a protezione delle incursioni provenienti da nord oltre il passo carnico.



Verso casa ci fermiamo a Ligosullo, lungo la strada, accanto ad una fonte per bere e riempire le borracce. Il silenzio e la quiete sono totali e una leggera foschia avvolge i boschi e le poche casupole, nasconde la strada dalla quale siamo venuti e confonde quella che si intuisce davanti a noi. Sento un lieve rumore di passi e dalla bianca caligine si palesa l'esile figurina di Christian. Ho chiesto al ragazzino il suo nome e quello del cagnolino al guinzaglio. Christian ha i capelli neri e gli occhi scuri e dolci e un sorriso immacolato. Ha dodici anni e mi ha detto di essere felice. È contento di vivere in questo paese di alta montagna, di passeggiare con il suo cane mentre si fa sera, di regalare un sorriso a due estranei e di salutarci con la mano quando ce ne andiamo tutti insieme, noi, lui ed il suo Black avvolti dalla nebbia. Ciao Christian, sei tu lui il vero elogio alla Carnia.
Descrizione accurate, piacevole, e, come al solito ricca di particolari a corredo delle foto. Un Friuli da scoprire, amare, rispettare. Grazie
Ciao Fabio. Hai ragione per le foto e ti sbagli per il David. Grazie
Aspettiamo nuove avventure No sta farne spetar tanto...
🤗 F. B.
Bravo!
Descrivi flora e fauna meglio di Darwin...
Se migliori nelle foto diventi un piccolo David Attenborough!
Aspettiamo nuove emozionanti narrazioni.
Cari saluti... Alla prossima, Mandi.
Fabio Bozzy the Boss