LEIDEN - ZANDVOORT - BRUGES - V^ TAPPA
- Luigi Perissinotto
- Nov 6, 2023
- 8 min read
Updated: Sep 16, 2024
29 settembre - 7 ottobre 23
6 novembre 2023
Il nostro viaggio nel cuore dell'Europa continua e continua verso una direzione fino a ieri non contemplata. Stamattina abbiamo deciso di fare una piccola digressione per raggiungere il mare del Nord, dove la mappa riporta un litorale lungo e rettilineo, da Leiden verso Amsterdam, Haarlem e oltre. Cerchiamo un agevole approdo al mare, una toccata e fuga di poco impegno per poi invertire la direzione di marcia e far rotta verso il Belgio.
Dopo aver scartato alcune località puntiamo su Zandvoort perché il nome della cittadina mi suona famigliare ed è relativamente vicina a Leiden. Attraversiamo alcuni paesi, lindi e ordinati, di sole case basse, senza tangenziali, capannoni industriali e simili, senza persone e ovviamente senza automobili e senza mare, che ancora non si vede, ma che è vicinissimo e si intuisce oltre le dune spazzate al vento.
La piccola periferia di Zandvoort arriva all'improvviso mentre il centro del paese, una torre una chiesa e una teoria di palazzi, sembra appollaiato su di un terrapieno. Probabilmente uno sbarramento naturale alle onde del mare. Lasciamo l'auto lungo una strada centrale, lunga, rettilinea e leggermente elevata rispetto alla brughiera dalla quale siamo venuti, ed ancora il mare non si vede e non si sente. Cerchiamo un varco tra i caseggiati e veniamo improvvisamente investiti da una raffica di vento e salsedine e da uno strano odore di "alghe fredde", diverso da quello del nostro mare, che è più denso, prolungato e carico di esalazioni anche sgradevoli. E finalmente un grande mare grigio, senza colori e senza vele, riempie il basso e indistinto orizzonte.



Anche la spiaggia è grande, brumosa e grigia. Come è grigio il cielo. Un unico, immenso, lucente, quasi abbagliante bagliore di perla. Il mare del Nord è esattamente come lo avevo immaginato.
Assaggio, a piedi nudi, la sabbia, scura e umida con poche conchiglie spezzate. Assaggio anche l'acqua del nord, più amara della nostra. E respiro l'aria fredda, ma non gelida e non ancora invernale sconvolta appena da un vento forte e costante, ma non impetuoso. E vedo, al di là della foschia, lontane, al confine tra cielo e mare, altre terre desolate e altri mari, probabilmente di ghiaccio.
Lasciamo le nostre impronte solitarie accanto a quelle di un cane e siamo certi che solo l'alta marea le potrà cancellare. Non il vento, non il sole, non gli uomini, ma solo la plumbea risacca del mare del Nord.
Abbandoniamo la spiaggia, oltre la sabbia, oltre le dune che placano appena il vento, la prima terra olandese è stupenda, forse steppa forse brughiera forse prateria di cespugli, di eriche e mirtillo nero. I passi affondano faticosi nel terreno sabbioso e dalla cresta della duna più alta, nuovamente, il vento il mare ed il cielo sono perfetti. Mi coglie un leggero senso di solitudine e di lontananza dalla terra consumata dagli uomini, dalle strade facili e dalle città caotiche e mi viene in mente, nella nebbia del ricordo, la casa di "Cime tempestose" isolata sulla sommità di un'altura ventosa dello Yorkshire.




È tempo di abbandonare anche l'Olanda e riprendere il percorso originario verso il Belgio e verso Bruges nelle Fiandre. Dopo Rotterdam e Anversa, che osserviamo dal finestrino, senza pentimenti, arriviamo al confine tra i Paesi Bassi e il Belgio e, anche in questo caso, alla vista di alte ciminiere, di impianti industriali e lunghe code di autotreni, riteniamo sia meglio proseguire senza rimpianti.
In breve tempo siamo alle porte di Bruges. Le mie aspettative, alimentate da una narrazione pluriennale, sono eccessive e temo di ritrovarmi disilluso, decido quindi di avvalermi di una regola cara ai pittori impressionisti: prima l'emozione poi la comprensione.
Lascio perdere le premonizioni, le suggestioni i desideri e la improvvisa trepidazione, ma parcheggio, alla stregua di un turista svogliato, accanto alla stazione ferroviaria in uno stato di evidente falsa apatia e di altrettanto palese ansia.
Bruges o Brugge, in fiammingo, si cela dall'altra parte di un curatissimo giardino, al di là di antiche murature, oltre un placido canale. E ancora non comprendo la bellezza e ancora non comprendo la mia inquietudine.
Sono in uno stato di tranche e vedo, con occhi sensoriali solo immagini stereotipate, i consueti misteriosi castelli, le solite strade medievali, gli ovvi canali e non mi rendo conto di essere là. Nella realtà sto calpestando strade acciottolate consunte dagli zoccoli dei cavalli e dalle ruote delle carrozze, sto svoltando in angusti vicoli, sfiorando angoli di mattoni consunti, ponti di pietra, giardini murati e passaggi segreti. E alti palazzi di pietra e di legno, chiese e cattedrali, torri e pinnacoli e finestre acute e portali scolpiti. Sto osservando i volti ed ascoltando il suono delle voci delle persone ed il rumore di tutti i loro passi che battono sordi sugli antichi sassi e mi aspetto, da un momento all’altro, di vedere apparire ed incrociare un drappello di armigeri a scorta di autorevoli personaggi, forse notai forse prelati o forse ricchi mercanti, come i Coniugi Arnolfini ritratti, nel 1434, dal grande pittore Fiammingo Jan Van Eyck.






Tutto questo e molto di più è Brugge. Brugge (Ponte) e non Bruges perché in questa città si parla il fiammingo, poco l'olandese e malvolentieri il francese E l'inglese per cortesia.
Abbiamo mille cosa fare: per iniziare una lunga passeggiata senza tragitto e senza meta, una pausa in birreria, una sosta in cioccolateria, entrare nella cattedrale di San Salvatore, riposare al Beghinaggio, camminare per Grote Market (piazza del mercato), navigare tra i canali e quindi finire nel più tipico ristorante per la cena. La città ci aiuta. Non è grande ed è facile spostarsi a piedi. Ci sono anche le carrozze trainate da cavalli, ma il costo è eccessivo e preferiamo poterci fermare dove ci pare. È un grande piacere girare a caso, scoprire angoli romantici e passaggi tenebrosi e ponti improvvisi. La realtà piano piano diventa fantasia ed immaginazione e l’atmosfera incantata di questa cittadina nutre le nostre suggestioni fino a renderle quasi ipnotiche.
Il medioevo di Brugge è diverso dal medioevo toscano. I mattoni, rossi e bruni, sono quasi gli stessi ma sono disposti diversamente, più acuti più verticali e forse anche più serrati. Molti sono i nobili palazzi, ma pochi sono arricchiti con fregi e marmi. Molte case e casupole sono tinteggiate esternamente con colori molto accesi, altre sono in purissimo cotto. Tranne al Beghinaggio, luogo silenzioso ed appartato dove, fino agli anni Trenta del secolo scorso, venivano ospitate le beghine (religiose che non hanno preso i voti), e dove tutto è bianco. Tranne i tetti ovviamente che sono, come tutti i tetti di queste regioni, grigi o rossastri, puntuti ed irti di alti e voluminosi camini.
Anche la pittoresca birreria Friedrich (il Belgio non ha rivali al mondo in fatto di birra) è leggermente fuori mano e per questo molto ambita e relativamente tranquilla, ideale per un paio di birre ambrate ed aromatiche.
Pure le cioccolaterie sono numerose, attraenti e odorose e sempre osserviamo gli artigiani cioccolatai, all'interno del negozio-laboratorio, in pieno lavoro al cospetto dei molti clienti e visitatori.




La piazza del mercato è il cuore di Brugge e, di conseguenza, la folla è straripante. Comunque, la piazza è molto grande, attorniata dai palazzi, dal mercato coperto e dai monumenti più importanti della città, e la gente, in essi, un po' si disperde. Restiamo nella piazza ad ascoltare un organetto azionato da un barbuto signore in costume antiquato ed a perdere la testa in un capogiro di case a gradoni, palazzi gotici, caseggiati medievali con la Torre Civica Beffroi, cardine della scenografica veduta, a dominare sopra i tetti su tutto e su tutti.




Il tardo pomeriggio è illuminato da un sole radente ideale per un giro panoramico in barca tra i canali ed i ponti del centro storico. Ovviamente, come avvenuto ad Amsterdam, il timoniere cicerone è, per noi, incomprensibile. In questo caso ancor più astruso mentre declama le bellezze di Brugge in fiammingo e in olandese.
La navigazione è però molto piacevole, sotto le mura incombenti sotto i bassi ponti arcuati, accanto a giardini rigogliosi, a storiche dimore e suggestivi ottocenteschi alberghi ricoperti dalle rosse foglie della vite canadese. Anche il tramonto aiuta sebbene eccessivo, sovrabbondante, quasi superfluo in mezzo a questa profusione di estasiante vetusta piacevolezza. Anche le luci della sera ci sono favorevoli e preparatorie, nella ritrovata intimità e nel persistente e straniante silenzio della città, alla nostra cena. Ovviamente stasera non abbiamo dubbi sul menù:"Moules" (cozze e patatine fritte) il piatto tipico del Belgio.
Le patatine fritte sono buone, esattamente come le patatine fritte, e le cozze altrettanto buone come un piatto di "peoci" alla veneta. I due componenti, assieme, però non mi hanno convinto. Molto meglio l'immancabile birra belga (dichiarata dall'Unesco patrimonio immateriale dell'umanità). Questa volta una trappista dell'Abbazia di Notre-Dame d'Orval.






Mentre ceno controllo il cellulare e leggo le mail inviate da una certa Ginette, credo la proprietaria del nostro b&b, preoccupata del ritardo e dall'assenza di nostre notizie. La rassicuro e le comunico l'orario di arrivo alla conclusione di questa bizzarra cena.
Con le cozze abbandonate, nere e roride sul fondo di una ciotola di creta bruna, come in un dipinto del Caravaggio (libera interpretazione) lasciamo, assai interdetti, la rinomata trattoria per ritornare al parcheggio e alla nostra auto.
In poco meno di dieci minuti siamo davanti ad un pretenzioso cancello che sbarra la nostra strada. Oltre il cancello, nella notte fiamminga povera di stelle, intravediamo un ordinato giardino ed una casetta che sembra un baule per le bambole. È il nostro b&b. Il cancello si apre ed entriamo in una fiaba di Hansel e Gretel. Alla porta d'ingresso, occultata tra le rosse foglie dell'onnipresente vite canadese, c'è Madame Ginette. Credo sia lei per i grandi cenni di benvenuto e per la profusione di sorrisi. Tre gradini ed entriamo nel bauletto di sete e pizzi.
Ginette è una signora rubiconda gentile accogliente ed un po' invadente. Per noi aveva preparato un drink di benvenuto, una mappa di Brugge e una serie di opuscoli ed indicazioni per visitare la città. Ci rimprovera del ritardo. Ci invita (meglio ci costringe) a consumare il drink composto da due calicioni imperiali di vino bianco e le immancabili patatine. E ci accompagna in camera. E ci descrive le varie inutili suppellettili e i tendaggi, i cuscini e i tappetti fatti con le sue mani. E altre infinite attenzioni. E altro ancora fin quasi a sfinirci. Tutto però, tengo a sottolinearlo, con una piacevolissima cantilena in fiammingo-inglese-spagnolo che alle mie orecchie sembra friulano. Con un gradevole sorriso e movenze da principessa sovrappeso.
La nostra cameretta ha una targa sulla porta: "Romantic Room" per distinguerla, dice Ginette, dalle altre due "Classic Room" ed "Imperial suite". Non serviva. Romantica è romantica! con cuoricini rossi ovunque, persino in una strana banda copri carta igienica mai vista prima in vita mia e nemmeno mai immaginata. La stanza è piccolina, intima e pulita. Ingombra di tante cose di cui ignoravo l'esistenza e ancora adesso l'utilizzo: oltre al copri carta, un appendiabiti senza ganci e senza appendini, un plaid a forma di doppio cuore che sembra uno scaldapiedi, con sopra alcuni cioccolatini sempre a forma di cuore, finestre che si devono smontare a pezzi per poterle chiudere, una vetrinetta con esposte tisane e caffè assieme ad asciugamani, bollitore e riserve di indistinti alimenti credo per la sopravvivenza degli ospiti, una toilette con una minuscola specchiera e piccoli oggetti (matite, bricchetti, post-it) tutti immancabilmente a forma di cuore o con uno o più cuoricini impressi. È tutto avvolgente quasi opprimente, ma siamo talmente sorpresi e divertiti che ad ogni oggetto o manufatto segue una nostra piccola esclamazione e risata.
Il mezzo litro di vino bianco finisce nel lavandino, le patatine in un sacchetto e noi, ancora allegri e ridanciani, nel romantico lettone.


Domani mattina Ginette ci aspetta per la colazione alle otto e trenta. Per noi troppo tardi, ma nella prossima tappa del 5 ottobre da Bruges a Troyes in Francia, capiremo il perché.
Per questo racconto e per Bruges in particolare ho consumato più parole del solito. Forse troppe, e troppe ne ho persino risparmiate, ma questo diario, si chiama "viaggi senza parole" e a Brugge sono realmente rimasto "senza parole"!


Bruges ha sempre il suo fascino!
Wow...
Grazie
Fabio B.