MEMORIES OF THE WEST COAST - BIENVENIDO A MEXICO
- Luigi Perissinotto

- Jun 12, 2023
- 4 min read
13 Giugno 2023
Il Texas verso il confine con il Mexico non si fa vedere. Per la prima volta il cielo è coperto da una coltre grigia ed uniforme e siamo avvolti da una densa foschia. La temperatura è sempre elevata e l'umidità è palpabile. Cercavo un ranch, ranchero e vacche incluse da immortalare, ma la visibilità è da nebbia in valpadana. Ho il tempo per pensare al lungo cammino (in auto) che ho fatto per arrivare sin qui. Dal British Columbia al Texas. Washington, Oregon, California, Nevada, Arizona, Idaho, New Mexico e Texas. Una piccola, immensa striscia di terra e di umanità lungo la costa ovest degli Stati Uniti. Terre e cieli infiniti per un europeo. Molte conferme ai miei sogni, molti stereotipi e molte sorprese.
Di quest'ultime la prima: la gente! Gli americani sono gioviali, semplici e meravigliati. Sorpresi di parlare con un Italiano che non capisce l'inglese, sorpresi se gli chiedi qualcosa di diverso, sorpresi (e un po' seccati) se azioni la freccia per sorpassarli in centro città, increduli davanti ad una colazione di solo mezzo caffè. Un po' sovrappeso ma spiritosi e sportivi. Almeno per salire e scendere i tre gradini dei loro pickup.
Per quanto riguarda i luoghi comuni, oltre a quelli che ho già elencato in precedenti episodi, altri me ne vengono in mente e nessuno, a mio giudizio, da respingere. I motel ad esempio. Come in molti film: li trovi lungo la strada, non sono invoglianti, ad un piano un po' trasandati e polverosi, con moquette e copriletto macchiati e aria condizionata rumorosa. Tutto vero, ma indispensabili! Li ho provati e li ho apprezzati. Anche il famigerato, per noi, caffè americano merita un salvacondotto. Indispensabile anch'esso se devi fare 200 miglia, un po' meno quando sei a casa o in albergo. E comunque a me piace. Le tazze poi sono un must: intoccabili! Poi ancora, come ho ripetutamente scritto, un insieme di americanate assolutamente obbligatorie: i camionisti alle stazioni di rifornimento a dodici pompe, intenti a lucidare le cromature dei loro mezzi, e lo "store" un po' trascurato con commesso addormentato incluso; il rispetto della velocità ovunque anche in strade deserte nel deserto; i camper ed i trailer (assolutamente non chiamarli caravan e roulotte) in tutte le salse, misure e versioni, per strada nei giardini di casa nel mezzo del deserto, nuovi e vecchi, rottami scassati e spesso abitazioni per ogni classe sociale. Anche i fuori strada, come i famigerati pickup e le grosse automobili hanno un senso in questo paese. Necessari per il deserto, per il trasporto di masserizie varie e per le lunghe distanze. Inoltre sono tutti corredati da bellissime "plates" (targhe), spesso personalizzate. Ricardo ne aveva una con su scritto: "I am not only Perfect, I am also Italian" (non sono solo perfetto, sono anche italiano). Infine le bandiere, le "Stars and Stripes" sono dappertutto, anche in bagno.
Bienvenido a Mexico
Non ho quasi il coraggio e nemmeno la voglia, ad essere sincero, di scrivere del mio primo impatto con il Mexico. Lo faccio per correttezza. I primi 150 chilometri filano via lisci lungo una strada a doppia carreggiata e solo leggermente dissestata. Paesaggio ovviamente desertico. Quando arriviamo alla prima città sono ancora di buon umore e ho persino voglia di fare due foto. La città si chiama Monclova ed è l'anticamera dell'inferno. Chiedo scusa a tutti i "monclavesi'. È un centro minerario, siderurgico, meccanico, e non so cos'altro. Stabilimenti enormi in mezzo ad una sabbia che quasi evapora, silos e tralicci come torri Eiffel, strade scassate a dieci corsie con camion ed auto anarchici ovunque e fumo e polvere, caos totale indescrivibile, ed è, come ho detto, solo l'anticamera.
L'inferno arriva dopo altri 150 chilometri percorsi in tranche lungo l'ennesima "autopista" o "carretera" (autostrada) nel nulla e sotto un sole mai conosciuto. La temperatura esterna è di 44 gradi l'umidità è come olio sulla pelle. In prossimità di Saltillo (città fotocopia della precedente solo 50 volte più grande) il Mexico ci dà il benvenuto. Chiedo scusa a tutti i messicani. La carretera è bloccata da mille camion, da mille gradi al sole, da mille venditori di cose vive e morte, da mille pulitori di parabrezza e purtroppo dalla Policia.
Altre auto passano indenni, ma la nostra targa del British Columbia desta qualche attenzione e veniamo bloccati. Si avvicina un primo poliziotto rubicondo, ma ben armato e chiede i documenti a Ricardo e mi guarda forse aspettando i miei. Ricardo lo avverte che sono italiano. I miei non gli servono, perché c'è qualcosa che non va in quelli di Ricardo. È privo di licenza di importazione internazionale dell'auto. Lo sapeva, ma in altre occasioni e con altre autovetture lo avevano fatto entrare senza problemi.
Il poliziotto se ne va e ne arriva uno più giovane altrettanto armato, non paffutello anzi, piuttosto arcigno. Mi sgrida perché ho la fotocamera sul sedile e la vuole vedere. Temo la confischi ma vuole solo accettarsi sia spenta. Nel frattempo confabula con Ricardo, finge di andarsene, ritorna allunga una mano dentro l'abitacolo guardando altrove e Ricardo colloca in essa due banconote da 50 dollari ben arrotolate. Il resto del viaggio fino ad un albergo lungo la bella "autopista" per Città del Mexico ha, per me, un gusto amaro, una delusione cocente che spero venga repressa nei prossimi giorni.





















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