RADICI II - I NANEI (PARTE PRIMA)
- Luigi Perissinotto

- Jul 24, 2024
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Updated: Jul 21
24 Luglio 2024
I Nanei siamo noi. Io, da sempre, lo sono i miei figli da parecchi anni, a loro insaputa, e non lo saranno, "probabilmente”, i miei nipoti.
Quando uscivo di casa ed incrociavo un conoscente ero quasi certo che mi avrebbe salutato con un "ciao Nanei". Non so perché, ma mi sentivo pudicamente offeso. Il mio nome era Luigi, o Luigino, anche Gigi poteva andare. Ma “Nanei”? Perché dovevano salutarmi in quel modo?
Vi erano, per la verità, persone, i vicini di casa, che usavano quel nomignolo, ma con loro non ci facevo caso, da quelle parti tutti storpiavano tutto e tutti. Ciò che mi faceva incavolare erano gli individui occasionali quasi sconosciuti che, dal mio punto di vista, non potevano permettersi certe libertà.
Certo, anche il nome proprio si poteva storpiare, Gigi alla fin fine è una storpiatura, ma “Nanei” era una liberalità concessa, non so da chi e per quale motivo, solo agli abitanti della borgata. Ai residenti di via Argine.
Al "ciao Nanei" io, di norma, non rispondevo e qualcuno, vista la mia riluttanza, mi prendeva in giro aumentando a dismisura la mia stizza. I più odiosi erano quelli che mi chiedevano: "situ de Nanei o de Perissinotto?". Io ovviamente non replicavo, ma quel Nanei non mi andava per nulla e non capivo cosa c’entrasse con il mio cognome.
Il culmine veniva raggiunto da alcune "donne di periferia" (zona bar da Elio e casette ex jutificio) amiche di mamma che, indipendentemente dal mio incedere veloce e dalla mia evidente imbronciatura mi fermavano per dirmi di salutare "a fameja dei nanei". Addirittura, al plurale! ma quanti siamo? Io, giusto per non andare a fondo con le indagini, ero disposto, mio malgrado, a riconoscere un solo Nanei, il nonno Luigi scomparso prima della mia nascita, ma non altri!
Elisa Biscaro e Luigi Perissinotto - nonna e nonno
Quando mi capitò di essere scambiato da "nanei" a "gatei”, capii che era tempo di fare chiarezza. Papà mi disse che tutti in paese avevano un "soranome" (soprannome) e le numerose famiglie Perissinotto più delle altre, per non essere confuse.
Non mi fu molto utile considerato che in classe, alle elementari, eravamo in sette su venti con cognome Perissinotto e nessuno si confondeva con nessuno. E nessuna maestra usava storpiare il nostro cognome.
Serviva una ulteriore spiegazione. Ne venne fuori un comitato casalingo formato da emeriti studiosi, papà e nonna in primis e un vario parentado a supporto… che nemmeno l'accademia della Crusca... Ognuno dei componenti aveva qualcosa da dire, un elenco da fare, un nome da citare, un episodio da ricordare tanto che, alla fine, la mia iniziale confusione si tramutò in pura frustrazione.
Si accavallarono soranomi strambi, intraducibili e strampalati, ma che in parte mi suonavano famigliari, già sentiti nelle ciacole in famiglia e fuori dalle osterie in piazza, sotto i portici.
In più occasioni ho tentato una ricerca vagamente “etimologica”, spesso con risultati contraddittori e confutabili, e il mio personale e parziale elenco delle famiglie "soranominate" è composto, ancora adesso, dai seguenti bizzarri appellativi: Albera, Boetina, Burie, Campaneri, Canduini, Cepoeo, Checchin, Del Mestro, Gatini, Manzini, Nanei, Perissinotati, Polonio, Quaieta, Rimini, Sinel e Sisu.
Il nostro Nanei mi sembrava, tra tutti, il più buffo se non addirittura il più offensivo, ma papà mi diede una spiegazione che un po' mi risollevò di morale. "Nane" in dialetto ha il significato di sciocco, citrullo e via dicendo e non mi pareva affatto cosa buona e giusta addossarmi questa derivazione e speravo tanto che le parole di papà potessero in qualche modo mitigare quest'infamia. Alla fin fine i miei parenti non mi sembravano poi tanto stupidi o "bauchi" che è un sinonimo molto più comune del nostro "nanei".
Il chiarimento di papà fu liberatorio, quasi solenne e senz'altro, per me, gradevole e divertente. Mi disse che Nane è anche il nomignolo con cui in dialetto viene storpiato il bellissimo nome di Giovanni e che integra e compone la famosa triade Luigi, Antonio e Giuseppe (Jijio, Toni e Bepi) facendola diventare, nell'immaginario vernacolare, un colorito quartetto di contadini o di sempliciotti.
Ebbene tra i nostri avi, forse un paio di generazioni prima della nostra, vi erano due cugini entrambi con il nome Giovanni-Nane. Per identificare questa ulteriore famiglia con questo cognome Perissinotto, tanto comune in paese, è stato probabilmente inevitabile sfruttare questa singolarità, due Giovanni, due Nane: i Nanei.
Ovviamente anche gli altri soranomi avevano una radice che riconduceva a tradizioni popolari, a mestieri, vicende e disparati aspetti delle varie casate. Gli Albera, ad esempio, erano falegnami e il loro soranome è presto spiegato, così come è chiara la provenienza di quello dei Campaneri.
Un modus operandi, peraltro, che non si discosta da quello che caratterizza l'origine dei cognomi ufficiali e lo stesso Perissinotto è, a sua volta e sulla base di due diverse ipotesi, una storpiatura di un nome proprio o di un mestiere.
Per molti si tratta della deformazione, nel corso dei secoli, del nome di Pietro in Pierin, Pierotto e così via fino a Perissinotto; per altri il cognome deriva da un antico mestiere, praticato nel nostro territorio fin dai tempi più antichi tanto da essere raffigurato nello stemma del comune: un cavallo rampante. Cavalli che provenivano anche da terre lontane per essere ammaestrati o semplicemente custoditi.
I nostri antenati erano probabilmente custodi di cavalli Persiani, pertanto conosciuti e soprannominati Persianotti e da lì Perissinotti (desinenza comune in Friuli) e quindi Perissinotto. Il guardiano o l'allevatore del cavallo Persiano, dove la terminazione “otto” rappresenta un tipico suffisso veneto e lombardo che denota un significato vezzeggiativo o peggiorativo.
Persianotti, l’origine del mio cognome che prediligo, mi aiuta anche a chiarire una piccola anomalia o singolarità delle famiglie Perissinotto del Basso Piave. Mentre molte discendenze con il medesimo cognome, per esempio gli Ostanello, i Pavan, i Finotto, i Giacomini e altre ancora, sono unite da una prolungata e stabile parentela che spesso accomunava lavoro e dimora, i Perissinotto, in generale, non sono affatto apparentati tra di loro. Io stesso non ho parenti, oltre quelli di primo grado, né in paese né altrove. Il “busillis” è presto spiegato: i miei omologhi, oltre a non essere legati da vincoli di parentela, non hanno origini contadine, non sono agricoltori e di conseguenza non possono condividere né abitazione né lavoro e, tanto meno, creare famiglie numerose (tipicamente contadine per l’aiuto nei campi).
Sebbene incompleta ed imperfetta e basata su ricordi personali relativamente recenti, questa tesi trova riscontro collegando i vari soranomi ai mestieri praticati dall’ultima generazione, quella della mia infanzia: Albera marangoni (falegnami), Boetina dotori (dottori), Burie mureri (muratori), Campaner botegheri (negozianti), Candoini canavari (cantinieri), Cepoeo contadini latarioi (contadini con stalla), Checchin òperai (operai), Del Mestro mestri (maestri), Gatini soferi (autisti), Manzini favari (fabbri), Nanei scarperi (ciabattini), Perissinotati contadini (agricoltori), Polonio òperai (operai), Quaieta òperai (operai), Rimini soferi (autisti), Sinei osti (baristi), Sisu òperai (operai). Praticamente, ed in prevalenza, artigiani e commercianti piuttosto che agricoltori.

marangon al lavoro
I miei avi, da parte di padre (ho già scritto sui Brocoi, la famiglia di mamma), sono quindi originari di questi luoghi. Purtroppo, non riesco ad andare più in là del mio bisnonno Antonio, il papà di nonno Luigi, artigiano e commerciante come il nonno. Fornaio il primo e calzolaio il secondo. La nonna Elisa era invece originaria di Treviso e anche la sua famiglia era nel commercio.
Non ho conosciuto il nonno, morto alcuni anni prima della mia nascita. I racconti di papà mi hanno sempre lasciato un alone di mistero su quest'uomo. Mite, lavoratore e generoso, ma di poche parole se non addirittura introverso. Completamente diverso dal fratello Antonio considerato un giullare e dalla sorella Maria segnata da una grave malattia alle ossa.
Il nonno Luigi era un “scarper”, più ciabattino che calzolaio. Ho ancora alcuni strumenti del suo lavoro, pochi purtroppo, perché la nonna Elisa, donna tenace e volitiva, ha preferito non conservare memorie materiali del marito: una lesina (“subia” in dialetto) un arnese con un corto manico ed un grosso ago ricurvo per forare il cuoio, un levachiodi ("cavabroche"), alcuni martelletti e un paio di "stampi" per scarpe (forme) in legno ed in ferro. E un vecchio quaderno con appuntati i crediti vantati nei confronti dei compaesani. Credo ci siano ancora molte famiglie in debito con “Nanei el scarper” dal momento che, molti importi, poche lire e tanti centesimi, non sono barrati o cancellati ed in alcuni casi si riescono a leggere i rinnovi con date diverse replicate più volte, dilazioni, posticipi di scadenza e altre annotazioni relative alle riparazioni richieste dal cliente.

feri del scarper
Mi raccontava papà che il nonno non era in grado di sollecitare il pagamento dei propri crediti e tanto meno rifiutare le dilazioni. Ogni tanto interveniva la nonna, ma una guerra tra poveri non era proprio il loro forte e spesso, anche lei, oltre a chiudere un occhio offriva una scodella di brodo o un pezzo di pane ai più poveri.
Il lavoro del nonno consisteva principalmente nella riparazione di vecchie calzature e nella costruzione di zoccoli in legno, raramente il confezionamento di scarpe complete in cuoio; pertanto, la sua clientela era composta da "miserabili", indigenti, pochi contadini (che gli zoccoli, in acero campestre "opio", se li facevano in casa) e alcuni lavoratori del porto. Quindi soldi se ne vedevano assai pochi. Sufficienti però per garantire alla famiglia una vita dignitosa.
Il cibo in tavola non mancava mai e spesso, la nonna, cucinava anche per le famiglie del borgo. Mi ricordo, avrò avuto sei sette anni, il via vai di donne e bambini con la pignatta appoggiata sul davanzale e la nonna intenta a versare, con un capiente mestolo in alluminio, la zuppa e qualche pezzo di gallina. Abitudine questa mai abbandonata nonostante la perdita del nonno e della sua attività. Papà, infatti, non ha voluto seguire le orme del nonno, suo padre. Mi raccontava che proprio non riusciva a mettere le mani all'interno delle sudice scarpe dei compaesani e la puzza delle medesime gli era insopportabile. Lo stesso basso banchetto di lavoro, insozzato da mille impecciamenti e ritagli di cuoio di terza mano e pezzi di tomaia ammarcita, era per lui un angolo di rivoltante ribrezzo. Un "damerino" praticamente. Un quasi "privilegiato" che, nonostante la nonna fosse analfabeta ed il nonno in perenne bancarotta, ha conseguito il diploma di disegno tecnico dopo due anni di studio in una scuola professionale di Treviso.
Aldo Perissinotto - papà 1940 circa
Papà, il primo a sinistra, con amici in un burcio sulla Piave
In via Argine, nella stessa casa in cui io sono nato, in quelle poche stanze prese in affitto subito dopo la ricostruzione post-bellica, negli anni Venti-trenta del secolo scorso, vissero dunque i Nanei. Quel preciso e piccolo nucleo familiare era composto da sette persone, compreso il nonno Luigi: la nonna Elisa ed i loro figli, Pietro, Aldo ed Elsa. Quindi il fratello e la sorella del nonno, Antonio e Maria.
Poi le cose cambiarono.
Segue I Nanei (seconda parte)
I Nanei: Lina moglie di Pietro, Elsa, Nonna Elisa con il piccolo Gianni, Maria, Luigi, Aldo e Antonio
Aldo con la mamma ELisa e il papà Luigi














Ottima capacità investigativa, Gigi! Quasi un topo di archivio...😊 Certo che devi aver dedicato tempo attento e rispettoso a questa commovente ricerca.... complimenti per le attenzioni storiche legate agli affetti remoti ! Sempre grazie,stimolante ed arricchente. Annamaria (adess basta...vae su let, col stramass, par fortuna!)
Ciao gigi...Bello leggere qs ricordi. Ed è sempre bello vedere foto del passato. Un abbraccio Barbara
Ciao Gigi!
Top!❤
Antonella