SEQUOIA NATIONAL PARK

04 Giugno 2023

Come posso raccontare la giornata odierna? Un'epopea in 8 ore! Partiamo da Merced alle ore 7 in direzione South... o forse South-East, ma potrebbe essere anche North. Da queste parti si ragiona in questo modo: prendi una Road con il numero ad essa attribuito, come la nostra Triestina, ma anziché andare verso Trieste o verso Venezia, vai verso Nord, Sud, Est ed Ovest. Il nome della città, località regione stato lo scopri strada facendo.

Appunto! Dopo aver studiato una mappa dove i centimetri sono centinaia di miglia mi viene la voglia di chiedere a Ricardo dove stiamo andando. Risposta: verso sud! Appunto! Il Mexico è a sud, ma lo Yosemite è a est (forse). Anche se non sono mai stato in questo pianeta America il senso dell'orientamento (almeno i punti cardinali) non l'ho perso. Ma in compenso abbiamo perso lo Yosemite! Quando lo faccio notare a Ricardo, con tutte le cautele del caso, il Rosario prende una connotazione un po' diversa. Per tirarmi su di morale Ricardo mi dice che lo Yosemite è una schifezza e lui preferisce Falcade. Gli auguro un secondo Rosario.

Fortunatamente il Sequoia sembra essere da queste parti. Dopo Fresno, dopo un centinaio di miglia, le indicazioni annunciano il Sequoia National Park, ma anche il Kings Canyon. Non ho ancora assimilato la "tabelletica" stradale americana. Prendiamo per il Sequoia. Sembra inverosimile ma il paesaggio da Fresno in poi è terribile. Piatto come il Polesine, monoculture di mandorle, arance e limoni a perdita d'occhio. Ogni tanto un gruppo di case o un centro commerciale con le solite insegne: Starbucks, Subway, Denny's, Popeye, McDonald's e così via. Tutti posti diversi per mangiare le stesse cose.

Dopo un po', in lontananza si vedono le prime glabre alture. Gialle e desertiche. Mi domando come sia possibile ci siano le sequoie da queste parti e a sole 20 miglia. È un ambiente antropico del tutto inaspettato. Iniziamo a salire e, dopo alcuni agili tornanti e dopo un lago senza nome, senza strade e senza paese, i monti si stagliano improvvisi, altissimi e coperti di neve. Sembra fatta, ci siamo! Siamo al Sequoia National Park, anche le indicazioni lo confermano!

Non è così. A causa delle intemperie invernali questo accesso al parco è chiuso. Dopo una coda in auto, lenta e sotto un sole africano, una graziosa Park Ranger ci dice che l'entrata al Sequoia è ubicata nell'altro versante a tre ore da qui. Siamo uomini guidati dalla filosofia Zen e andiamo verso il nostro destino. Uno di noi senza parlare, l'altro intonando un nuovo Rosario.

La strada di montagna verso il parco è di una bellezza trascendentale, quasi orientale, con mille dolci sinuose curve e panorami eterei. Fino al crinale, dove ci attende un ristoro tipicamente Western in un covo di montanari incomprensibili. Scendiamo verso il Park Gate mentre inizia a piovigginare, con le auto, in senso contrario, clamorosamente coperte di una spruzzata di neve. La giornata, sin dall'inizio, si è annunciata controversa e quindi non ci perdiamo d'animo.

L'ingresso al parco è molto oneroso e anche il posto per la tenda. Da buon italiano medio cerco di convincere il Ranger per uno sconto anziani, e addirittura per uno sconto che ho chiamato, esagerando in po' "World Tour Discount" (giro del mondo), ma non c'è stato nulla da fare. E Ricardo, in cambio di tanta cortesia, ha intonato un nuovo Rosario. All'interno del parco troviamo un posto magico, sotto alte sequoie con l'immancabile pozzo per il fuoco. La legna è gratis e abbondante e mi rattrista un po' e mi commuove nello stesso tempo, il dover bruciare materiale vegetale vecchio di oltre mille anni.

Ricardo è il mio cuoco e stasera improvvisa pollo con verdure in casseruola. Devo dire che il risultato è più che buono e mi candido a lavare i piatti... con acqua fredda per risparmiare il gas. È ora di riposare. Da sotto le sequoie il cielo è fatto di triangoli inversi ritagliati nelle chiome puntute mentre il fuoco riscalda un angolo di terra ancestrale. Io e Ricardo stiamo zitti per ore.