TROYES - SEMUR-EN-AUXOIS - BESANCON - VII^ ULTIMA TAPPA
- Luigi Perissinotto
- Nov 21, 2023
- 6 min read
Updated: Sep 16, 2024
29 settembre - 7 ottobre 23
21 Novembre 2023
Ancora campagna francese. Ancora cieli francesi. E "ca va san dire" (non c'è bisogno di dirlo), una mattinata francese.
Decidiamo di fare una colazione mista, croissants caffè e the per me, french toast ovvero "pain perdu" (pane vecchio tostato e fritto con uova e zucchero) per Marzia. Immangiabile dal mio punto di vista, delizioso per lei. Valore aggiunto durante la colazione: il nostro tavolino è vista Senna, anzi è parte integrante del fiume. La Senna è sotto e di fianco a noi, al di là di una vetrata in stile liberty, tra due ponti appena visibili in mezzo ad una nebbiolina azzurra che indugia lungo il corso del fiume fino a confondersi, quasi accendersi al comparire di un primo raggio di sole.
Lasciamo Troyes e la sua dolce alba e prendiamo la direzione incontro e verso il sole. La strada per arrivare a Besançon è troppo facile, lineare, ampia e di conseguenza non fa per noi. Ancora una volta, al primo incrocio, al primo segnale con la scritta "Route touristique" giriamo senza sapere dove andare.
La stradina si fa sempre più stretta attraverso prati, boschi e radure. Meglio controllare la mappa perché adesso il sole, che poco fa avevamo negli occhi è quasi alle nostre spalle. Un solitario e frondoso rovere, con foglie verdastre quasi gialle e non ancora rosse, pare un enorme segnavia in un crocicchio dove molte strade dovrebbero confluire. Non è così. La grande quercia è isolata, maestosa, robusta, inamovibile e severa come tutti gli alberi secolari e la nostra piccola strada non incontra altre vie, nessun cammino, nessuna indicazione. Ci fermiamo ugualmente per una breve sosta e per controllare la nostra posizione, cercare Besançon sulla mappa e vedere cosa c'è alla fine di questa strada di campagna.
Ma alla fine di questa strada sembra non esserci nulla, nessun paese nessuna autostrada. Solo questa specie di tratturo per molti chilometri ancora. Potrebbe essere divertente andare e andare senza meta, ma conosciamo la nostra destinazione e questa strada non potrà condurre fin là.
Allarghiamo la mappa e improvvisamente notiamo che la stradina sfocia in un incrocio e da quella intersezione diparte una nuova strada verso sud-est e verso un paese contrassegnato da alcune bandierine. È Semur-en-Auxois nella regione Borgogna-Franca Contea, è descritto come un borgo medievale e pittoresco, tra i più attraenti di questo territorio, non lontano da Besançon e sarà la nostra meta intermedia.
La stradina continua come nulla fosse, incurante delle nostre piccole ansie e del nostro orologio che corre più della nostra auto. Il percorso è tortuoso in un saliscendi lieve ma continuo, incontriamo anche brevi tratti di sterrato, pochissime auto e un gregge senza pastore. Finalmente oltre un dosso, in lontananza, svetta un affusolato campanile e, tra gli alberi, emerge anche un piccolo gruppo di casette. E un nuovo incrocio con l'indicazione Semur-en-Auxois.

Siamo salvi, ma adesso, ritornati nella "civiltà" un po' mi dispiace. In mezzo alle dolci alture di questa regione non è facile scorgere i paesi nascosti negli avvallamenti o celati dietro un dosso, ma Semur, all'improvviso compare alta, quasi inaccessibile alla fine di una lunga spianata percorsa da un ampio e rettilineo viale contornato da abitazioni serrate le une alle altre, come due invalicabili bastioni. Il borgo, oltre uno scenografico ponte, si erge sulla sommità di una piccola rupe, una rocca scoscesa accerchiata dal placido fiume Armançon, con due possenti torri cilindriche ed una antica porta d'ingresso, un tempo ponte levatoio, ora passaggio di transito automobilistico.



Il borgo è piccolo ma delizioso, senz'altro pittoresco con una vista eccezionale sulla dolce campagna circostante. Le due rive o meglio, i due versanti della rupe, sono completamente edificati, tra antiche mura e antichi palazzi medievali, con strette ed erte viuzze lastricate, portali e contrafforti e più in basso, nella piccola radura formata dal fiume, con ponti e ponticelli in pietra. Lungo il fiume, sotto le torri e sotto i nobili palazzi si profilano le umili casette degli artigiani e dei contadini, oggi in restauro e destinate alle attività del borgo e alle immancabili birrerie.


La piazzetta centrale è incastonata tra il Duomo i giardini e i palazzi municipali, ma noi siamo attratti da un negozio a graticcio con la scritta "boucherie - charcuterie" bianca su pannello rosso bordeaux e con la vetrina intelaiata su instabili montanti in legno rosso bordati di bianco. Appariscente ed elegante in uno stile antiquato anni Cinquanta.
Entriamo e scopriamo un mondo di salse e intingoli vari, di insaccati con carni inusuali, camoscio, oca, rognone fegato e sanguinaccio, e un negoziante di poche parole. Semur non è lontana da Digione e usciamo, senza aver proferito parola, dalla rustica e semplice bottega con un paio di vasetti della famosa, omonima, senape.

Verso Besançon torno a rimuginare sul paesaggio Francese. In particolare penso alle riprese televisive del Tour de France e agli elogi, da me silenziosamente rivolti, al bravo regista per la sua capacità di evitare le sgradevoli installazioni umane, i grigi prefabbricati industriali, gli svincoli stradali, i viadotti e persino le periferie urbane. Ora, sebbene non sia questa la mia prima volta in Francia, ho finalmente capito che il regista è del tutto ininfluente. Gran parte del territorio di questo Paese, a noi vicino e a noi simile per tante ragioni, è rimasto integro, ovvero poco contaminato dalle attività e dalle aggressioni umane. Devo dire, con un punto di amarezza, invidiabile dal punto di vista ambientale.
Arriviamo a Besançon attraversando il fiume Doubs infinite volte, tante da confondere il mio senso di orientamento e le mie piccole certezze temporali. Mi salva la vista delle Fortificazioni di Vauban, meglio conosciute come la Cittadella di Besançon, alta e proditoria, sulla cima di un ardito colle.

Decidiamo di salire fin lassù per ammirare il panorama della città. L'ascesa in auto è agevole e il panorama piano piano si allarga fino ad intravedere, in lontananza, azzurrino e quasi immateriale, il massiccio del Giura in direzione della Svizzera. Visitiamo la Cittadella ma, a parte il panorama, il colpo d'occhio sul centro storico (La Boucle) cento metri più sotto e l'ampia curva ed i meandri del Doubs, ne restiamo delusi.
Anche la camminata sulle possenti mura rimane una esperienza con il sapore di una incompiuta. Manca il fascino inafferrabile del retorico e tutto sembra ricostruito e addolcito, manca l'effluvio della storia e manca l'atmosfera di una spontanea narrazione culturale. Tant'è che lo zoo, o quel che rimane di un parco zoologico, è fuori contesto e dal nostro punto di vista disturbante. Anche le caserme e la piazza d'armi sono fredde e poco coinvolgenti, quasi vuote dal respiro umano e dagli accadimenti della storia.




Scendiamo in città nella speranza di stemperare la delusione. Besançon è una città elegante, ordinata e un po' noiosa. Le strade sono ricoperte da lastre di pietra grigia, le case sono grigie ed i tetti sono rossastri tendenti al bruno. Abbiamo il sole che fornisce la luce giusta per accendere anche questi tenui colori e la passeggiata per Besançon piano piano diventa piacevole. Il lungo fiume è maestoso e quando attraversiamo il ponte con gli imponenti palazzi della Quai Vauban (l'architetto della Cittadella) di fronte a noi, ci rendiamo conto della straordinaria bellezza di questa città a soli sessanta chilometri dal confine con la Svizzera.




In prossimità dell'ora di cena notiamo una strana frenesia tra i passanti. Troviamo la risposta alla nostra curiosità scritta sulla lavagna di un locale. Stasera c'è la partita di rugby Francia-Italia e immediatamente ci rendiamo conto della grande passione di questo popolo per la palla ovale: bambini, donne, uomini di qualsiasi età e mezzi pubblici sono addobbati a festa con i colori della nazionale francese. Purtroppo, anche i ristoratori e le trattorie sono in festa, molti locali sono chiusi, altri non hanno disponibilità e noi siamo costretti ad una veloce consumazione con un paio di baguette al formaggio.


Ben presto, rispetto alle consuete serate olandesi e francesi, prendiamo la via verso il parcheggio e verso l'albergo. Domani mattina la sveglia è prevista alle ore sei per affrontare l'ultimo lungo tratto di strada da Besançon a Venezia.
Ormai la città è semideserta, credo siano tutti davanti al televisore per la partita (io pure sono un grande amante di questo sport, ma la gara di stasera non la voglio vedere!) e noi abbiamo la possibilità di osservare ancora, nella soffusa e rosata luce di un tramonto interminabile, le particolarità di questa città, i tetti strapiombanti e gli svettanti comignoli, le arcate in pietra degli ingressi medievali, i portoni in bronzo e finalmente, la casa natale di Victor Hugo.
Si tratta di una palazzina dai tratti aristocratici che, assieme ad altre, si affaccia in una piccola e nobile piazzetta non lontano da dove precipita la strada che scende dalla Cittadella. Un luogo romantico, quasi accogliente, discretamente appartato ma non isolato, peccato non esista un museo dedicato al grande romanziere, ma solo uno spazio multimediale, a quest'ora chiuso.

Ci prepariamo per passare l'ultima notte di questo viaggio nel cuore dell'Europa. Domani, 7 Ottobre, il ritorno verso casa sarà una salita e una discesa dal Sempione fino a Venezia. Ma il nostro viaggio che è solo viaggio e mai turismo non terminerà ora.
... i viaggi interrotti sono il precipizio dei sogni!


Sei il nuovo Piero Angela della divulgazione turistica....
Bravo! ... Savasandir (in veneto)
Ciao
Fabio Bozzy
Grazie per il fascino silenzioso e avvolgente della periferia Francese che mi hai trasmesso ...
Sempre un piacevole rivederti anni passati grazie