VAL D'ORCIA - APRILE 2023 - TRE GIORNI IN BICI
- Luigi Perissinotto
- Aug 23, 2023
- 14 min read
Updated: Sep 16, 2024
22-25 aprile 23
22 aprile 2023
PREPARAZIONE E PARTENZA
Questo sarà un resoconto di viaggio minuzioso e probabilmente tedioso, fatto per essere replicato quindi banalmente ordinario e di conseguenza da migliorare, quindi carente, ma fortunatamente e volutamente scritto per essere rivissuto nei momenti in cui avrò voglia di Toscana. È una malattia comune, la Toscana. La Val d'Orcia ne è l'acme. La cura è il viaggio. Con Marzia sono partito per una terapia intensiva. Prima però... il tragitto, la scelta del percorso adatto alle nostre capacità e all'utilizzo delle bici a pedalata assistita. La scelta dei borghi da visitare e il punto di appoggio ideale dove partire e dove rientrare.
Sulla mappa tutto sembra facile, prossimo, contiguo, in particolare le distanze e le altimetrie. Traccio quindi un bellissimo itinerario. Con il pennarello blu le strade da percorrere in auto, con il rosso quelle in bicicletta e con un asterisco i borghi da visitare. Una mappa "fai da te" semplice e meravigliosa! Provo a descriverla, ma lo ammetto subito, il percorso effettivo non avrà nulla a che fare con questa iperbole mentale, con questa utopica e ottimistica rappresentazione. Partenza da Siena, arrivo a Siena per un percorso ad anello su strade e sterrati iconici. Almeno così mi pareva dalle foto, dai commenti e dai celebri nomi dei borghi lungo il tragitto. Siena, dunque, poi in direzione sud verso Buonconvento e Montalcino. Anche il chilometraggio e il dislivello mi sembravano accettabili. Prima tappa fino a Montalcino: 55 km e 750 metri di dislivello. Fattibile. Il giorno dopo da Montalcino attraversando Castelnuovo dell'Abate per raggiungere Abbadia San Salvatore. 40 km, dislivello 900 metri. Certamente fattibile. Terza tappa da Abbadia San Salvatore verso Bagni San Filippo e giro di boa a Radicofani per risalire verso Pienza fino a San Quirico d'Orcia. 52 km, 550 metri di dislivello. Anche questa realizzabile. Quarta ed ultima tappa da San Quirico passando per Torrenieri ed Asciano fino a Siena. Arrivo a Siena dopo 55 km e 700 metri di dislivello. Ovviamente fattibile! Quattro tappe, tutte, sulla carta, tranquillamente realizzabili. Nella pratica tutto verrà stravolto. Ma andiamo per ordine.
Dopo aver tracciato il percorso con i miei sgargianti pennarelli, dopo averlo condiviso con Marzia mi rendo conto che ho bisogno di almeno quattro punti di appoggio. A Siena la prima notte. Quindi a Montalcino, a Radicofani e a San Quirico d'Orcia, o nei pressi di questi tre borghi, per le successive. Inizio a cercare. A Siena, una sola notte ad un prezzo accettabile è impresa ardua, ma quando mi dedico alle altre tappe mi rendo conto che l'impresa non è solo difficoltosa ma semplicemente impossibile! Cambio di programma: devo individuare una località strategica, in una posizione centrale della mia mappa che mi consenta di rientrare agevolmente alla sera per ripartire il giorno dopo. Pare facile. Montalcino e dintorni è il posto ideale. Cerco e trovo un agriturismo da quelle parti. Sembra perfetto. Piscina compresa. Devo, di conseguenza, rivedere e rimodulare tutte le tappe ponendo come baricentro il borgo di Sant'Angelo in Colle dove abbiamo fissato la nostra base. Impresa, anche questa, tutt'altro che facile. Il percorso da circolare deve trasformarsi in percorso a raggiera e il chilometraggio, di conseguenza, sopportare un superfluo e sensibile incremento a causa della tratta di ritorno. La mia mappa subisce quindi uno stravolgimento illogico tanto, che alla fine, non esisterà alcuna mappa e non ci sarà nessun tracciato. Partiremo da casa solo per arrivare a Sant'Angelo in Colle e da lì, controllata la morfologia del territorio e le distanze, ripartire! Ma non sarà esattamente così e così facile.

Il viaggio in auto con bici al seguito non riserva sorprese e ci fermiamo, quasi per caso, a Citerna, incantevole borgo in Umbria lungo la strada per arrivare ad Arezzo. Il paesino, sul crinale di una montagnola offre, al di là di una solida balaustra sul vuoto, una vista spettacolare sulla Val di Chiana. La piazzetta alle nostre spalle è molto semplice, quasi intima con la chiesa in un lato e gli antichi palazzi accanto alle più modeste abitazioni. È un angolo di tipica armonia e di paesaggio italico che rinfranca le nostre aspettative accompagnato da una altrettanto gradevole sosta per apprezzare un paio di pagnotte con succulenta porchetta toscana, preparate per noi in una minuscola e tipica bottega di alimentari all'angolo della medievale piazzetta. Ci fermiamo anche ad Arezzo e Montepulciano per giungere infine alla nostra meta, poco oltre Sant'Angelo in Colle, quasi lungo il corso del fiume Orcia.
Un classico e lungo tramonto, sfumato ed infinito sulle ondulate e cangianti propaggini della valle ci dà il benvenuto. Il nostro agriturismo ci riserva la migliore accoglienza, un'ottima cena ed il mitico vino di queste terre. Ed alcune indicazioni per la nostra prima tappa dell'indomani.
23 aprile 2023
PRIMO GIORNO
Sveglia colazione e partenza in una mattinata di luce quasi soprannaturale con i raggi del sole a tagliare la piana del fiume avvolta in una leggerissima e magica foschia. Sull'asfalto le speciali biciclette aiutano subito il nostro andare, in salita, verso Castel Porrone. Questo gruppo di case non è un borgo bensì un fortilizio privato, isolato e delizioso, attorniato da alcune casupole, un tempo della servitù adesso del custode. È consentita l'entrata e la visita libera agli spazi esterni composti da alcuni massicci corpi medievali con chiesa, palazzo padronale castello ed una piazza aperta ed ariosa per le giostre ed i riti pubblici.
Una signora ci viene incontro, è la custode e vive con la propria famiglia in una pittoresca porzione della lunga e caratteristica casa medievale appena dentro le antiche mura. È molto gentile e disponibile a raccontarci alcuni eventi di questo antico maniero e le avversità che lo hanno colpito durante i secoli, non per ultimo l'abbandono ed il recupero della cittadella murata e delle immediate adiacenze. Ciò che più ci attrae è un immenso castagno ai margini del grande cortile interno. La custode ci racconta che la produzione di frutti di quell'albero bastava a tutti gli abitanti del castello per un anno intero e sfamava, con farine e confetture e frutta secca, anche i villani del luogo.
Lasciamo il castello e proseguiamo in leggera salita verso Monticello Amiata e Arcidosso. Quest'ultimo paese, forse il più importante della zona, si erge sulle pendici occidentali del monte Amiata immerso in boschi di castagno e ombrose faggete. Il nome è già evocativo ed il borgo antico sorge arroccato ed arcigno su un dosso dominato dall'immancabile castello. La sosta in paese è straniante e piuttosto singolare. Siamo da soli, isolati nella piazza centrale, attorniati soltanto da svariati tavolini a tre gambe in alluminio, ognuno con il canonico portacenere, ormai vintage, con il logo e la scritta Cynar. Quasi un tuffo negli anni Settanta reso ancora più intenso dallo smisurato, inconcepibile silenzio che non avvertivo dai tempi (1973) dell'austerity.
Torniamo verso valle per nulla affaticati e, quasi senza rendercene conto, oltrepassiamo la stradina del nostro agriturismo e procediamo, in salita, verso il centro storico di Sant'Angelo in Colle. Al secondo tornante la pendenza si fa sentire e l'assistenza alla pedalata si affievolisce e la respirazione si fa pesante. Il borgo è a portata di mano, la torre del campanile sembra addirittura più in basso rispetto alla nostra posizione. Arriviamo mentre il sole si adagia sulle dolci colline in direzione di Siena. Sant'Angelo è una manciata di vecchie case in mattoni, di tetti e comignoli cascanti verso una piccola chiesa e una piccola piazza aperta a strapiombo sulla valle sottostante. Il tramonto accende le vecchie pietre e l'ultima luce del sole si insinua tra gli angusti vicoli medievali per dare finalmente vita alle ombre di inesplorate cantine e profondi cunicoli. È tardi, ma la discesa è un placebo alle nostre inquietudini e come in un volo di uccelli notturni, in silenzio tra ulivi e vigneti invisibili, arriviamo planando alla nostra "locanda" per il meritato ristoro. Alcune coccole gastronomiche ed è già domani.
24 aprile 2023
SECONDO GIORNO
Nella mia mappa ho segnato un percorso eterogeneo e con le bici al seguito prendiamo la provinciale verso Montalcino. Subito dopo Sant'Angelo in Colle un segnale stradale indica un tracciato percorribile sullo sterrato che immediatamente seguiamo con grande curiosità. Ci immergiamo immediatamente, come in un languido film, in un paesaggio stupendo tra fitti boschi, campi coltivati e superbi vigneti. Dopo alcuni chilometri tra nuvole di polvere, stretti tornanti e passaggio di cinghiali intravediamo, alta sopra di noi e davanti di noi, in un varco di cielo azzurrissimo Castelnuovo dell'Abate.
Lasciamo l'auto fuori le mura, d'altronde e per fortuna il piccolissimo borgo, frazione di Montalcino, è interamente pedonale ed è, tanto per cambiare, un incanto. Due vicoli paralleli, stretti tra alte e possenti case in blocchi di pietra, come una muraglia impenetrabile a protezione della popolazione. Non si notano cortili o slarghi e solo una piccola piazza si apre nella parte finale e sommitale di una di queste viuzze. La luce del sole mattutino entra abbagliante e tagliente come una lama arroventata dalla porta rivolta ad oriente, un tempo ponte levatoio, e si incunea violenta ed accecante tra i ciottoli del selciato fino ad incontrare l'oscurità dello stretto passaggio tra le case. Noi proseguiamo ed entriamo con il corpo e con l'anima nel medioevo. Ancora una bottega attira la nostra attenzione. Alcune persone sono ferme all'ingresso, altre escono con grandi pagnotte e bottiglie di vino rosso. La rivendita di alimentari è semplice, essenziale e perfetta per i non-turisti come noi. Anche il bottegaio è parco di gesti e di parole, genuino come la mercanzia negli scaffali ed usciamo anche noi con pane vino e un'insolita serenità.
Facciamo ancora una piccola sosta all'Abbazia di Sant'Antimo, appena sotto il borgo, e raggiungiamo Montalcino. Lasciamo l'auto e finalmente, con le bici, scendiamo dal colle dove sorge Montalcino e lungo lo sterrato dell'Eroica prendiamo verso Bagno Vignoni e San Quirico d'Orcia. Durante il percorso incontriamo un po' di tutto: pellegrini in cammino, pellegrini in preghiera, ciclisti appiedati e ciclisti sfiancati, pedoni veloci e pedoni immobili ed abbracciati, contadini e capre, passeggini e mamme, a metà strada in un poggio incantevole, una famigliola a merenda ed infine Bagno Vignoni. Le limpide vasche, dopo tanta polvere, sono un sollievo e non solo per gli occhi. La moltitudine di gente un po' distoglie dalla contemplazione dell'antica fabbrica termale, in particolare lo snervante vociare ed i troppi tavolini dei ristoranti a ridosso delle piscine. Comunque, il posto è suggestivo ed arrivarci in bicicletta un valore aggiunto non indifferente. Prendiamo un gelato che consumiamo lontano dalla folla ed in breve tempo arriviamo a San Quirico d'Orcia.
Come la gran parte dei borghi della Valle anche San Quirico sorge sulla sommità di un colle e l'assetto urbano medioevale, e le chiese e le strade ed il parco comunale ne fanno uno dei paesi più belli della valle. Lasciamo le nostre bici in custodia volontaria da una gentile negoziante nel centro del paese e ci spostiamo, con rinnovata energia a piedi, lungo le vetuste stradine alla ricerca di angoli pittoreschi, numerosi e facili da individuare, e locande, altrettanto numerose, dove trovare del cibo rustico, tipico del territorio. San Quirico è un gioiello incontaminato, un luogo ideale per conciliare bellezza, armonia e beatitudine interiore. Noi condensiamo tutte queste emozioni nel giardino pubblico, un'oasi di pace e serenità, e nel più piccolo Giardino delle Rose dove consumiamo il nostro pasto con pane olive e pecorino. E un'ottima birra artigianale del luogo.
Lungo la strada provinciale torniamo verso Montalcino e non possiamo non fermarci, come tutti e purtroppo tanti, ai "Campi del Gladiatore". Il posto, i cipressi, la strada bianca ed il casolare della scena finale del film "Il Gladiatore" con Russell Crowe. La meravigliosa colonna sonora di questo film immediatamente fluttua soave nella mia mente, chiudo gli occhi e mi sento leggero come una piuma e vedo e sento il vento, come onde nel mare, insinuarsi tra le spighe dorate del grano. Un senso di pace ci pervade entrambi ed è difficile ritornare con i piedi per terra. Con le bici siamo dei privilegiati e possiamo inoltrarci lungo la stradina sterrata che percorre il crinale della collina e godere di una impareggiabile vista sui campi di grano e su Montalcino in lontananza. Chiediamo ad una coppia di fidanzati alcune foto e ci rendiamo conto della magica fusione e della spontanea bellezza che questo luogo crea tra gli esseri umani e l’ambiente che ci circonda. Gli automobilisti sono invece alle prese con la polizia stradale per sosta vietata e intralcio al traffico. Il posto è ormai diventato una tappa obbligatoria e sarebbe opportuno creare un parcheggio, un percorso ben delimitato e un'entrata regolamentata.
Prima di rientrare, visitiamo Montalcino ed in particolare il castello e dalle sue alte mura godiamo del panorama che si apre sulle valli e sulle alture circostanti. Il borgo, il nome Montalcino è sulla bocca e sul palato di tutto il mondo: il vino, i vigneti, le cantine e le enoteche, e le osterie e le locande, sono il filo conduttore che unisce tutte le strade e tutti gli itinerari che ad esso conducono. Anche noi tentiamo un assaggio del rinomato Brunello nel cuore del Brunello, ma entrambi, nonostante il prestigioso nome del produttore, della mescita teatrale e pomposa e dei mastodontici calici in cristallo, rimaniamo alquanto indifferenti e dichiariamo la nostra preferenza per il "quasi Brunello" che ci viene offerto nel nostro agriturismo. Dove torniamo per strade secondarie, con brusche e sconsiderate fermate dopo una curva, lungo una dorsale, accanto ad un cascinale, lungo un viale di cipressi, fino al limitare della luce di un nuovo tramonto.
25 aprile 2023
TERZO GIORNO
È tempo di lasciare Sant'Angelo in Colle. È il terzo giorno e ho sempre una mappa incompleta e perfettibile da seguire, ho sempre un filare di scuri cipressi una rocca ed una torre davanti agli occhi, ho sempre un sogno da incrociare. E questa volta i sogni hanno il nome di Radicofani.
Il paese sembra vicino, ma il percorso che scegliamo è tortuoso attraverso i boschi ed i panorami del monte Amiata. I piccoli paesi che incontriamo evocano storie di montagna di fatica e di isolamento. Castel del Piano, Seggiano, Campiglia d'Orcia sono solo visioni sfuggevoli ai lati della strada. La nostra meta intermedia sono i Bagni San Filippo. Tanto decantati ed altrettanto deludenti. Il posto, sulle pendici del Monte Amiata, è stupendo in mezzo al bosco ceduo e selvaggio; il borgo è minuscolo ed arriviamo quando ancora i pochi locali pubblici sono chiusi e non ci sono quasi persone in giro. La prima impressione è piacevole, rilassante e foriera per una gradevole sosta tra le acque calcaree.
Il nostro entusiasmo si stempera quasi subito già davanti all'entrata del sentiero che porta alle cascatelle. La stradina è ingombra di detriti edili (calcinacci e piastrelle) un misterioso tubo in plastica affianca disordinato e penzolante il percorso in discesa; non ci sono protezioni ovvero, quelle che resistono sono alcune traballanti staccionate in legno fatiscente. Ma il peggio deve ancora arrivare. Quando raggiungiamo il greto del ruscelletto ci rendiamo conto che l'incuria, la sporcizia e il degrado sono l'unico segno distintivo che, ad ogni passo, accresce la nostra rabbia e la nostra ripugnanza. Le famose concrezioni bianche di carbonato di calcio, la declamata "balena bianca" sono solo colate di sporcizia giallastra e le sponde del fiumiciattolo risultano contaminate da residui alimentari, fazzolettini di carta, lerciume indistinto ed in alcuni punti matasse di cordame ed asciugamani abbandonati. Il sentiero fin da subito si confonde con il pendio che scende verso le calde acque, con passaggi scivolosi in tutte le direzioni, tra gli alberi oltre le siepi dentro la macchia del sottobosco, con un senso di confusione e di precario e di trascuratezza senza pari. Ogni tanto un pezzo di recinzione metallica divelta o sfondata accresce il nostro disgusto e pone in evidenza un senso di abbandono che ci lascia interdetti. Arrivano i primi "bagnanti". Alcuni in accappatoio altri in costume e ciabatte infradito. Altri ancora con borse, frigo portatile e coperte. Iniziano le abluzioni, i bagni ed i giochi in un ambiente che dovrebbe essere semplicemente tutelato. Controllato pulito salvaguardato. Niente di più. Noi desideriamo solo andarcene.
RADICOFANI - UN CAPITOLO A PARTE
Verso Radicofani. Mentre raggiungiamo la piana attraversata dalla Strada Regionale abbiamo il pendio del monte Amiata alla nostra destra e siamo pervasi dal desiderio di raggiungere la cima dell'iconica montagna, ma la giornata è breve e Radicofani, davanti a noi è una calamita altrettanto potente. Dove la strada abbandona il piano ed indica il borgo, attraverso una serie di tornanti ben visibili ed altrettanto ardui, decidiamo di lasciare l'auto ed inforcare le nostre biciclette.
La salita è breve ma intensa ed il panorama si apre sul Monte Amiata e sulla parte più orientale della Val d'Orcia e, dalla parte opposta, verso l'Alta Maremma se non addirittura in direzione Lazio. Radicofani è presto raggiunta, discreta e nereggiante sormontata da una rocca ed una torre altrettanto cupe, a tratti avvolte in una nebbia ventosa e veloce. Ci fermiamo sotto alcuni ippocastani ad ammirare nuovamente il maestoso paesaggio sempre dominato dal Monte Amiata. Il contrasto tra la luce degli orizzonti aperti e la muraglia di pietre laviche e scure del borgo è eclatante e stupefacente. Si avvicinano alcuni gatti, due anziani cupi e silenziosi come le pietre del paese ed una giovane vigilessa dagli occhi assurdamente azzurri. Chiediamo a lei alcune informazioni.
È loquace e gentile, non è di Radicofani, ma di Piancastagnaio che si premura indicarci, di fronte a noi, oltre la piana, alto sulle pendici del Monte. Il paese è piccolo e lei è l'unico Vigile comunale e non nasconde la propria gioia ed il piacere di poter lavorare in un ambiente assolutamente naturale e ricco di storia. Ci conferma che Radicofani è uno dei borghi medievali meglio conservati in Italia ed è patrimonio mondiale dell'Unesco. Alziamo gli occhi verso la torre e chiediamo alla giovane Guardia il tempo occorrente per la salita a piedi. Un'ora è la risposta e sinceramente ci sembra una esagerazione e una indicazione palesemente errata. Decidiamo di ratificarla alla prima occasione.
All'osteria, di fronte alla possente basilica, abbiamo l'opportunità di parlare con un paio di "indigeni" del luogo che subito, quando facciamo riferimento alla vigilessa ed alle sue indicazioni non riescono a trattenere un perfido ghigno e una pungente replica: "Quella" non è di Radicofani! è una selvaggia montanara del nord (sarà per il colore degli occhi?) e pertanto non può sapere niente! Ma il tempo occorrente per salire alla rocca resta un mistero, i due non si sono mai posti questo dilemma ed incuranti della nostra domanda, iniziano a decantare le bellezze del panorama, la ricchezza delle erbe officinali, dei funghi, dei tartufi, dell'olio del pecorino e buona notte alla nostra tempistica. Lasciamo perdere i loquaci nativi ed entriamo nel cuore del Paese.
Subito mi pervade un moto di profondo sbalordimento, una ammirazione tangibile quasi materica, un brivido di incanto primitivo: il paese è stupendo! Imparagonabile! Le pietre brune delle case, del selciato, delle chiese creano un effetto e un colore di sottofondo che si manifesta in mille sfaccettature ed in mille minuscoli bruni cristalli dalle mille suggestioni. Mi viene in mente la fatica, la povertà, il freddo ma anche la robustezza, la solidità della gente, la protezione e la concretezza. Attraversiamo un paio di volte le medesime stradine, entriamo nei medesimi cortili interni, nelle osterie e nelle botteghe. Ogni passaggio è una riscoperta. Ogni angolo è un soffio di autenticità e di evidente orgoglio paesano.
In questo borgo esistono ancora i forni a legna per il pane (e il profumo è indescrivibile), il salumiere con i propri prodotti ed il casaro e l'oste e il fruttaiolo con i loro. E tra di loro i viandanti ed i pellegrini lungo la via Francigena che attraversa il borgo antico. Alcune trattorie sono un incanto di semplicità e autenticità e sotto un pergolato i fiaschi di vino sopra i tavoli di vecchio legno rigato sono già pronti per accompagnare il pasto di uno stanco viandante con crostini toscani ai fegatini, pici al ragù di cinghiale, "coccetti' di pecorino e tartufo, panforte, ricciarelli e sfratti con il vinsanto. Per noi non c'è tempo per il cibo "seduto" e ci accontentiamo (si fa per dire) di una mezza pagnotta casereccia con pecorino e melanzane sott'olio.
Lasciamo le bici davanti al fornaio e saliamo alla fortezza. Dopo venti minuti, siamo già nello spiazzo antistante le mura di cinta... la graziosa vigilessa era probabilmente confusa. Lo sguardo copre un orizzonte a 360 gradi, l'erba dei prati è verdissima, i monti e le colline in lontananza sono sfumati, gli azzurri ed i violetti delle alture più remote sono impalpabili mentre l'Amiata si staglia alto e fiero tra nubi scure che creano ombre profonde ed insistenti tra i boschi quasi blu. Il cielo è tormentato e il vento è sferzante, quasi invernale. Pare di essere in Irlanda o in Scozia, dove, per altro, non ci sono un mai stato. Visitiamo il castello e la torre perfettamente restaurata con all'interno un piccolo e curatissimo museo. Dall'alto della torre i tetti di Radicofani, precisi e puliti come un tappeto di grigie conchiglie, sono raggruppati sul versante della rupe e notiamo la caratteristica e medievale struttura urbana delle vie e delle piazzette del borgo. Ancora un incanto inaspettato e suggestivo.
È ormai tempo di ritornare in paese e riprendere le bici. La "volata" verso valle è ovviamente una parabola ad ali spiegate. Il Monte Amiata velocemente diventa una modesta collina e le alture circostanti si mischiano le une con le altre per dare forma ed infinita bellezza alla Val d'Orcia. La strada verso casa non sarà rettilinea non ci saranno autostrade, ma altre valli ed altri borghi ed altri sogni da rincorrere e da realizzare.






























Comments