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VALLE D'AOSTA AGOSTO 2021 - SECONDA PARTE

  • Writer: Luigi Perissinotto
    Luigi Perissinotto
  • Dec 27, 2023
  • 8 min read

Updated: Sep 16, 2024

22-27 agosto 21


27 Dicembre 2023

24 Agosto 2021, terza giornata in Valle d'Aosta dedicata alla conca di Ayas e di Gressoney ai piedi del Monte Rosa.

Non farò paragoni con altre montagne o gruppi montuosi. In genere il confronto, sebbene sia un atteggiamento naturale ed istintivo, è spesso premonitore di un pretenzioso e inutile giudizio. Preferisco godere di quello che vedo, ogni giorno diverso, ogni giorno con nuove sensazioni e con rinnovata curiosità. Ogni volta con qualcosa di inedito da raccontare.

 

Da Gressoney-La-Trinite, borgo paradisiaco e mirabilmente inserito nel territorio alpino, il Monte Rosa è molto più di una piramide, di un baluardo o di un colosso di pietra e ghiaccio, il Monte Rosa è, ai miei occhi, un essere vivente, un protervo Hulk, un gigante disteso al limitare della foresta, un incredibile Buddha bonario e severo nello stesso tempo. Incute un po' di soggezione con gli anfratti profondi e le gole e le vette remote ed innevate tali da apparire inarrivabili ed inespugnabili. Mi ritornano ancora in mente le parole che Paolo Rumiz ha dedicato al Monte Rosa e che ho riportato nella prima parte di questo viaggio.


Il Monte Rosa da Gressoney-La-Trinte


Da Gressoney-La-Trinite prendiamo un "fuori pista'' per scendere fino a Gressoney-Saint-Jean in compagnia di alcune persone, tra le quali anche due fantastici amici, che chiamerò Piera e Toni (…che potrebbero anche essere i loro veri nomi). Due meravigliose persone di ancor più formidabile età, la cui energia, curiosità e gioia di vivere non ha eguali.

Il sentiero è lungo ed in alcuni tratti piuttosto impervio ma Piera e Toni tengono il passo e Toni, oltre ad inciampare, cadere e riprendere il cammino ha anche il tempo per raccontare alcuni stravaganti episodi della propria vita ed una storiella "leggermente" piccante alla quale Piera risponde con un'occhiataccia fulminante. Alla fine del sentiero Toni è esausto mentre Piera ha ancora abbondanti energie per rimproverare il marito e, per puro e collaudato amore coniugale, chiedere ad un automobilista un passaggio fino alla vicina Gressoney. Dove arriviamo anche noi in pochi minuti e dove scopriamo un borgo affascinante, in stile tipicamente valdostano fatto di solide case in pietra con tetti in ardesia, botteghe artigianali e locali come baite di alta montagna e un prezioso e magico laghetto.


"Fuori pista" per Gressoney-Saint-Jean

 

Gressoney-Saint-Jean


Verso Aosta ci fermiamo ad ammirare il Castello di Margherita di Savoia e l'antistante orto botanico e, dopo alcuni tornanti e una ripida discesa, non lontano dalla Fortezza di Bard, il bellissimo e ardito ponte romano sul torrente Lys a Pont-Saint-Martin.


Castello Margherita di Savoia

Pont-Saint-Martin


La mattinata del 25 agosto è dedicata alla città di Aosta: una sorpresa, uno scrigno di storia in un contesto urbano-montano dove la piacevolezza ambientale è un valore aggiunto non di poco conto. Impressionanti ed estesi i resti romani tanto da rendere questa città la seconda, dopo Roma, per la maggiore concentrazione delle antiche vestigia. Una, fra tutte, l'Arco di Augusto.


Aosta - Arco di Augusto



Nel pomeriggio, frastornato da colli, alture, monti e vette sempre più alte, sempre oltre il limite dei miei occhi, accattaste le une sulle altre, ci addentriamo nella valle del Gran Paradiso verso Cogne. 

Facciamo una breve sosta, all'inizio della valle per ammirare il Pont d'Ael. Si tratta di un singolare ponte-acquedotto romano, ovviamente in pietra, con due separati passaggi, uno sommitale a cielo aperto per i pedoni ed un secondo in galleria per l'approvvigionamento dell'acqua che veniva utilizzata per lavori minerari e per l'irrigazione.

Prima di raggiungere il centro abitato di Cogne prendiamo un largo sentiero lungo il corso del torrente che scende dalle pendici del Gran Paradiso. Attraversiamo i Prati di Sant'Orso, verdi pianeggianti e, per statuto comunale interdetti ad ogni forma di urbanizzazione per giungere, dopo pochi chilometri, al cospetto del massiccio all'interno dell'omonimo Parco Nazionale.

Il culmine del Gran Paradiso, quasi una piramide, è innevato e lontano, dove la valle svanisce per lasciar posto alla verticalità della montagna, dove vorrei scoprire animali fantastici, aquile e stambecchi che solo i miei occhi cercano nonostante la notevolissima distanza.

La discesa verso il paese è breve ed agevole lungo una strada carrozzabile. Cogne, un tempo importante centro minerario, è oggi un rinomato centro turistico e la sensazione di ariosità e vastità della piana in cui è situato, dopo gli stretti corridoi tra i monti, rende piacevole anche una semplice passeggiata tra le anguste viuzze del centro storico.

 

Pont d'Ael

Cogne - Prati di Sant'Orso

Il Gran Paradiso


Cogne

Mentre il sole sta declinando dietro i monti, lungo la via del ritorno, abbiamo la possibilità di osservare, al termine della lunga discesa, all'imbocco della valle, il fiabesco castello di Saint-Pierre, alto su di una rupe colpito dai raggi di luce dorata proveniente, sbieca e radente i rocciosi versanti, da ponente oltre e al di là dell'ultima cortina di cime innevate. Non possiamo fermarci, ci saranno altre opportunità per visitare i celebri castelli della Valle d’Aosta disseminati lungo crinali e pianori in strategica posizione.

 

Rientriamo in quel di Sarre, domani ci aspetta una giornata intensa ed attesissima: la "conquista" del Monte Bianco! Ho usato il termine "conquista" che in verità non condivido. La montagna non si conquista perché è la montagna che benevolmente ci accoglie e noi siamo solo ospiti. Spesso maleducati.

 

In mattinata, prima di raggiungere Courmayeur, abbiamo il tempo di visitare il meraviglioso castello di Fenis. Raccontare e descrivere questo gioiello turrito e il luogo in cui è stato edificato non è semplice. Corro il rischio, e mi capita spesso, di sovrabbondare in aggettivi superlativi. Ho già utilizzato il termine meraviglioso e non vorrei aggiungere un incauto "meravigliosissimo".

Il castello di epoca medioevale è uno dei manieri meglio conservati del nostro Paese. Non mancano torri, merlature e cinte murarie ed è adagiato sulla sommità di un piccolo e dolce rialzo ai margini di un ampio declivio sulla vallata a metà strada tra Chatillon e Aosta.

 

Castello di Fenis

La prima veduta del castello, salendo per la stradina in mezzo ai verdi e soleggiati prati, mi sorprende. Mi aspettavo un arcigno e severo fortilizio e mi ritrovo dinanzi ad un disegno di un bimbo. Perfetto e completo come solo la fantasia di un bambino può concepire. Leggero e luminoso colpito dai raggi del sole di un'alba interminabile. Manca solo un benevolo drago sputafuoco. Anche la visita degli androni e delle sale interne è gradevole, quasi rilassante oltre che molto interessante. In particolare, il cortile interno con una doppia balconata in legno ed una sequenza di figure affrescate di grande fascino ed eleganza; per passare alla cucina, ai grandi camini fino alle stanze padronali avvolte e pervase da un tono di signorile sobrietà.

Prima di lasciare Fenis ho anche il tempo di allontanarmi un poco dalle mura del Castello, attraversare i prati in leggera salita e godere di una spettacolare vista complessiva dell'ambiente, come osservare un grande quadro dei pittori paesaggisti dell’Ottocento se non addirittura di Paul Cézanne.



Con la medesima naturalezza con la quale siamo arrivati a Fenis da Fenis ci distacchiamo. È tempo di muovere verso Courmayeur, notissima località di fondovalle, ai piedi della Grande Montagna, dove si ammassano troppi turisti troppi automezzi e pochissimo rispetto. Dall’alto, in mezzo al cielo blu, scende veloce la scialuppa che ci condurrà oltre il mare di nuvole, fin dove affiorano scogliere luminescenti. Ritengo che affrontare la montagna utilizzando mezzi meccanici non sia il massimo, ma questa dinanzi a me è la più alta del nostro continente e per noi, comuni mortali, non ci sono alternative alla spettacolare Skyway Monte Bianco. È quindi questo e solo questo è il mezzo per poter raggiungere i 3.466 metri di Punta Helbronner!


Il massiccio del Monte Bianco

 


Il Monte Bianco e il Dente del Gigante

Visto da fondo valle il Monte Bianco incute deferenza, appesi al cavo della funivia maestosità, in vetta semplicemente luce! Luce accecante del sole del ghiaccio delle nuvole dei precipizi e delle guglie. Lo sguardo incontra la roccia aguzza e poi il cielo blu e subito dopo un muro di fitta nebbia quindi uno squarcio e il sole e un gruppo di nuvole ad oscurarlo e quindi una lingua di ghiaccio e poi un mare di neve ed un oceano di ghiaccio, infine, un vento freddo ed impetuoso ed ancora il sole! Lo sguardo ubriaca la mente e contorce il corpo verso prospettive quasi eteree senz'altro folgoranti. Quando il cielo si apre sei in cielo quando le nubi ti avvolgono sei negli inferi. Quando mi rendo conto della gioia che mi pervade, quando all'improvviso mi mancano le parole non posso che mettere in moto il cuore e ricordare una vecchia poesia:

... Lo sguardo arriva fin dove il cielo tocca le torri e i campanili di pietra e le vette dei monti

Fin dove la bruma diventa foschia e poi nebbia impenetrabile e vuoto

Fin dove gli occhi bruciano, fin dove il sole fa male, fin dove crescono miraggi ...


Courmayeur e il Pavillon dalla funivia

Il Monte Bianco




Con Marzia attraversiamo un lungo tunnel scavato nel ghiaccio che collega la stazione della funivia al Rifugio Torino e avvolti in tre strati di caldo tessuto e una giacca di piume ci inoltriamo tra i ghiacci verso la Francia.

Lontani in mezzo al ghiacciaio tre puntini neri si avvicinano. Aspettiamo un po' e ci guardiamo attorno immersi in un paesaggio tutt’altro che statico, animato e dinamico come un oceano in tempesta. Tra ghiacci grigi non più perenni e nuvole mai ferme e rocce forse vaganti.

Riconosco la guglia rocciosa del Dente del Gigante e l'inconfondibile profilo del Cervino e alcune vette probabilmente oltre i quattromila. Poi, all'improvviso, scaraventata dal basso di un dirupo da un vento impetuoso, una candida nuvolaglia chiude il sipario e riaccende i miraggi. D'incanto si palesano accanto a noi i tre puntini neri. I tre temerari hanno attraversato il ghiacciaio e desidero scambiare con loro due parole. Scopro che non si tratta di temerari, ma di ben più convenzionali guide alpine. Come tutti i montanari anche i miei tre eroi sono parchi di parole. Scuotono la testa allargano le braccia e con un timbro di voce alterato dal vento, mezzo italiano mezzo francese, quasi mi rimproverano "troppa gente, troppi turisti senza zaino in spalla, il ghiaccio è marcio. Il ghiacciaio è moribondo". Fine della conversazione.

Con Marzia torniamo alla terrazza panoramica dove ci mischiamo ai turisti senza zaino. Noi uno zaino a testa, con regolamentare cambio, un termos con dei liquidi e un paio di barrette al cioccolato, almeno lo abbiamo!

 


Ghiacciaio sul versante francese

Il Dente del Gigante




Il vento freddo aumenta di intensità, scalfisce la pelle e cristallizza la tenue umidezza proveniente dai nostri corpi. È tempo di tornare a valle a Courmayeur.

La funivia è divisa in due tronconi. Ci fermiamo alla stazione intermedia, ai 2.173 metri di Pavillon du Mont Frety.  Non ci sono nubi, il panorama è ovviamente diverso, ma ugualmente appagante come lassù prossimi alla vetta più alta d'Europa. A Pavillon abbondano i turisti senza zaino e ci sono anche quelli senza scarponi, con le sneakers o con i tacchi. Comunque, qui non ci sono ghiacci da calpestare bensì un piacevole percorso nel giardino botanico alpino più alto d'Europa accessibile, in parte, anche a persone anziane o con disabilità. È cosa buona e giusta e non posso far altro che condividere e apprezzare questa civile lungimiranza.

Il giardino è talmente bello e pare non aver perimetro, inserito in un'oasi botanica naturale e alpestre che lo rende ancor più bello e maestoso, quasi senza confini, sulle pendici della straordinaria montagna.



Il Pavillon

Riprendiamo la discesa in funivia. Il sole sta declinando oltre le audaci guglie, un ultimo sguardo verso il colosso e non posso che citare nuovamente Paolo Rumiz "Sul Bianco arriva l'ultimo lampo arancione, poi il gigante ridiventa banchisa. Una granita nell'ombra".

 

Ultimo giorno in Valle d'Aosta. Ultimo castello quasi a inizio valle vicino al paese di Arnad famoso per un aromatico e tradizionale salume di origini contadine. È il castello di Issogne, più di un castello sembra un palazzo rinascimentale, con magnifiche sale decorate, un grande porticato con affreschi medievali dai colori sgargianti e un cortile interno con la fontana del melograno: una singolare e antica struttura in ferro battuto con i frutti del melograno e le foglie di una quercia.

Dopo Arnad ritroviamo Bard con il suo baluardo di pietra e dopo Bard il grandioso portale naturale che delimita i monti più alti da un inizio di tormentati colli degradanti sull'ancor improbabile pianura.

Quindi la pianura. Quindi il mio piccolo risentimento per sentirmi un uomo di montagna rotolato, suo malgrado, a valle tra le pianeggianti e dolci anse del Piave.


Castello di Issogne

La fontana del melograno

Particolare della fontana del melograno


1 Comment


Guest
Jan 16, 2024

Grazie a tutti

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