VERSO E OLTRE LA MONUMENT VALLEY
- Luigi Perissinotto

- Jun 8, 2023
- 4 min read
Updated: Jan 20, 2024
09 Giugno 2023
Alle 5:30 del mattino sono in piedi. Il sole non si vede ancora ma dietro i pinnacoli del Bryce la luce inizia a farsi strada. Fa parecchio freddo, ho dormito praticamente vestito, e adesso ho le dita delle mani congelate e le membra intorpidite. Il tipo di vegetazione inganna, in particolare per chi ha le dolomiti come termine di paragone, confonde anche la lenta e costante interminabile salita priva di tornanti gallerie e quant'altro, ma siamo a 2600 metri di altitudine. Non appena i raggi di sole tagliano la piccola radura di fronte a me mi muovo per fondermi e confondermi con la luce dell'alba.
Il sentiero del sole (sunshine trial), si chiama proprio così, in pochi minuti mi conduce nel cuore di questo immenso parco nazionale. Ci sono altre persone, poche e tutte munite di fotocamera, tutte come me scapigliate e intirizzite, con ciabatte e con scarponi, sorridenti e beneauguranti (si sprecano Hi, Hallo, Yeah, Goodmorning) compreso il mio ciao. Lo spettacolo del levarsi del sole è appena iniziato e dopo un po' mi rendo conto che le foto non rendono e non mi lasciano respirare il fluido magico che aleggia intorno a me. Abbandono la macchina fotografica e mi prendo, egoisticamente, tutta la bellezza che mi circonda.
Il Bryce, rispetto al Mexico, per usare un eufemismo, è un po' fuori mano e dobbiamo riprendere la s.s. 89 verso Page. Non mi dispiace affatto perché il passaggio attraverso il Grand Staircase Escalante National Monument, da Kanab a Page è pura immersione nel profondo West lungo il territorio di una nazione tribale tra le più note e importanti. I Navajos.
Cosa ho rivisto verso Page? In particolare, per migliaia di chilometri un teatro geologico senza fine. Erosioni, rocce e crete e calanchi multicolore. Canyon profondi e grandi fiumi antichi e prosciugati. Pietraie e macigni. Monti e colline tondeggianti, monti piatti e vette aguzze e piccole e grandi creste rosa. Strati geologici affioranti. Linee trasversali sulle pareti rocciose viola, rosse, bianche grigie ad indicare, per chi le sa leggere, le diverse ere geologiche. Scavi preistorici, fossili e ossa di dinosauro al confine tra Utah e Arizona al Grand Staircase-Escalante. E il grande fiume Colorado, orrido e maestoso, profondo nel suo canyon serrato dalla diga e il suo grande lago dai mille tentacoli blu.
Dopo Page il rettifilo della s.s. 89 è interminabile e alla nostra sinistra si intravedono, in mezzo alla foschia e alla polvere di sabbia, le isolate cattedrali della Monument Valley. Prendiamo la direzione verso il New Mexico e verso Gallup. A Tuba City terra degli indiani Hopi facciamo una deviazione sulla sr 264. La Monument Valley è e rimane un mito. Ricardo ha nostalgia di casa in Mexico. Colores, frutas y corazon mi ripete con occhi languidi.
Anche questa Road, la 264, tanto per cambiare è incredibile. Senza curve attraverso un deserto a 2000 metri di cui non ricordo il nome. A destra e a sinistra praterie di erba gialla, qualche vacca e poche isolate baracche e vecchi caravan. Faccio alcune foto con il cellulare per fissare anche nella mia memoria l'indicibile nulla, la tremenda vastità di questo territorio. Mi chiedo dei rapporti umani, interpersonali, relazionali semplicemente con i "vicini di casa" da queste parti. Praticamente per trovare un essere umano e scambiare due parole si dovrebbe fare in questo modo: esci dalla baracca, percorri due tre miglia di sterrato polveroso e alla congiunzione con la strada regionale svolti a destra per 100 chilometri oppure svolti a sinistra per 100 chilometri. Se sei fortunato, in un caso o nell'altro, alla fine, trovi un nativo che ti guarda male.
Ricardo sta guidando con gli occhi chiusi e ad un certo punto lo devo svegliare per informarlo che c'è una curva. La curva dura mezz'ora perché stiamo "circumnavigando" l'ennesimo canyon sotterraneo comparso all'improvviso. Poi riprende il rettilineo. Vorrei dargli il cambio ma sto prendendo spunti per questo racconto. Due casette in mezzo alla prateria o forse steppa o deserto, non so bene, una a destra l'altra a sinistra. In linea d'aria saranno cinque chilometri l'una dall'altra. C'è anche un nome: Shungopavi. È un paese e i due compaesani probabilmente bevono e giocano a poker e per darsi appuntamento usano il Winchester. Uno dei tanti luoghi comuni, ma tragicamente vero: la detenzione di armi e simili.
Comunque un paesino, poco dopo, lo attraversiamo, si chiama Hotevilla e tentiamo una sosta tecnica. L'ingresso dell'unico caffè è spaventoso e la donna, con un vestito di stoffa lucida, rossa e gialla, i capelli neri e due denti neri, lo è altrettanto. Ricardo mi spiega che è una Hopi e probabilmente è strafatta con un mix di marijuana e alcool. Tratteniamo le nostre esigenze per un angolo (non ci sono angoli!) nel deserto. Vengo subito smentito e ci fermiamo, anche per mangiare il nostro pseudo spezzatino avanzato ieri sera, in un piazzale abbandonato dove i soliti nativi cercano di vendere ai pochi turisti, pietre e turchesi, piume e pezzi di legno intagliato. Non posso fare foto perché, mi dice il mio capo "bandaged hand": tu fare foto loro vuole dollaro!
Nei pressi di Keams Canyon entriamo nella "Apache County" (contea/terra Apache) e andiamo, immancabilmente dritti, verso il New Mexico. Questa volta la prateria è davvero tale. L'erba è grigiastra piuttosto che gialla, ci sono degli arbusti radi e bassi e addirittura alcuni alberelli rinsecchiti. Piccole casette hanno sostituito le baracche e le strade iniziano ad essere trafficate. Siamo a poche miglia dal New Mexico e ci fermiamo per una doccia e altre comodità.


























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